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Le criticità dell'ammortamento alla francese. Il ruolo nevralgico dei rimborsi del capitale

Nell’ammortamento alla francese, solo riconducendo l’assenso all’esigua velocità dei rimborsi del capitale - corrispondente all’imputazione anticipata, ad ogni scadenza, dell’intero aggregato degli interessi maturati - rimane consapevolmente definito l’equilibrio fra prestazione e controprestazione, espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.: nella circostanza, analogamente ai contratti definiti sul criterio di rimborso del capitale (come nell’ammortamento all’italiana) nell’adempimento, il pagamento anticipato degli interessi maturati sul debito residuo, esprime l’anima lecita del regime composto, che esita l’importo corrispondente al rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c., nel medesimo valore espresso dalla spettanza pattuita in regime semplice.

Solo in tale circostanza, il piano di ammortamento ordinariamente praticato dagli intermediari risponderebbe propriamente ai termini pattuiti, venendo meno ogni opacità, risultando fugato ogni elemento di indeterminatezza e scongiurata ogni forma di anatocismo e/o vizio del consenso.

L’aspetto che, in definitiva, risulta dirimente sul piano giuridico è dato dall’assenso pienamente consapevole del criterio di rimborso del capitale particolarmente penalizzante, che caratterizza la combinazione dell’imputazione anticipata degli interessi maturati con la convenzione della rata costante.

Il principio di trasparenza, che si ricollega alla forma del contratto, persegue lo scopo di rendere consapevole le parti degli impegni assunti con la sottoscrizione dello stesso: tale esigenza trascende la tutela della parte, in ragione della superiore esigenza del mercato, assolvendo ad una funzione ‘materiale’ preposta ad uno scopo specifico. Ancor più avanti si spingono le indicazioni avanzate dalla recente Cassazione n. 12889 del 13 maggio 2021. Con riferimento ad un’operazione di leasing, rilevando la declinabilità della trasparenza in senso economico, disposta dalla Corte di Giustizia del 21 dicembre 2016, la sentenza ne fa seguire il sindacato sulla idoneità ad incidere sullo stesso equilibrio delle relazioni contrattuali, richiamando autorevole dottrina che ritiene la trasparenza economica rinserrata nel perimetro tassativo dei vizi del consenso: ‘la funzione di trasparenza quale valore che merita di essere in sé e per sé considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, tanto da imporre il sindacato ex lege del contenuto del contratto’, e ‘tale da garantire l’equilibrio economico del contratto la cui violazione determina un vizio del consenso’; viene colta la divergenza fra il tasso pattuito e l’importo degli interessi: ‘L’utilizzatore avrebbe formato la propria volontà sul tasso indicato in contratto, ma non sarebbe stato oggetto di accordo che le rate fossero da determinare secondo un metodo il cui risultato è quello di aumentare l’importo degli interessi’; nella circostanza la Cassazione ravvisa la sanzione dell’art. 117 TUB propria alle circostanze sopra descritte quando: ‘ … il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’. In quest’ultimo richiamo è chiaramente evocato anche l’effetto sorpresa dell’art. 1195 c.c., generato dal regime composto, che rimane ordinariamente celato nella determinazione della rata o canone di leasing