sentenza

ABF Collegio di Coordinamento n. 1875 del 28 Marzo2014

Conto corrente – Usura – Tasso di mora – no sommatoria dei tassi - esclusione mora da verifica dell’usura - art. 1384 c.c.

Gli interessi moratori sono alternativi rispetto agli interessi corrispettivi e pertanto non possono essere ad essi sommati nel procedere alla verifica dell’usura.

Per altro, non possono essere assoggettati alla disciplina relativa all’usura elementi di costo del credito che non siano contemplati nel calcolo dei tassi soglia (ovvero che non siano compresi nelle rilevazioni dei TEGM come da Istruzioni della Banca d’Italia), quali ad esempio gli interessi di mora. Pertanto, la pattuizione ed applicazione degli interessi di mora non è soggetta al rispetto della l. 108/96 e dell’art. 644 c.p., né è ad essa applicabile la sanzione della non debenza prevista dall’art. 1815 c.c.

Gli interessi moratori (in quanto debito risarcitorio) possono essere al più sanzionati a norma dell’art. 1384 c.c. se ritenuti eccessivi (ordinario rimedio della riduzione della penale ex art. 1384 c.c.

Affinché possa ottenersi l’effetto per cui “non sono dovuti interessi “, occorre anzitutto che gli interessi siano “promessi o comunque convenuti” con effetto giuridicamente vincolante, mentre non rileva che siano descritti. Da ciò discende che la somma che il ricorrente propone può essere presa in considerazione solo se ad essa corrisponde una somma di obblighi di pagamento. Ma nel caso così non è. In primo luogo perché in riferimento ad una apertura di credito ad utilizzo flessibile, gli interessi corrispettivi sono, in quanto obblighi di concreto pagamento da adempiere in costanza del rapporto di credito programmato, alternativi rispetto agli interessi moratori che identificano gli obblighi di pagamento riferiti alle somme dovute susseguenti alla messa in mora e non già cumulabili con questi ultimi. Pertanto la sommatoria proposta dal ricorrente è logicamente errata. In secondo luogo perché, comunque, il contratto in questione contiene una clausola di salvaguardia mediante la quale le parti hanno convenuto che il finanziato non potrà mai essere obbligato al pagamento di interessi superiori al tasso soglia e non solo a quello rilevato nel periodo in cui il contratto è stato concluso, ma anche, sembrerebbe, a quelli rilevati nei periodi di pagamento. Ne discende che la somma aritmetica proposta dal ricorrente non corrisponde alla individuazione di alcun obbligo di pagamento assunto con il contratto, ma, al contrario, contraddice alle pattuizioni intercorse ed è perciò priva di base giuridica.

Giova puntualizzare al riguardo che nella prospettiva in cui si colloca il quesito formulato dal Collegio Remittente, che è quella imposta dalla domanda formulata dal ricorrente, il thema respondendum diviene quello di sapere se sia giuridicamente corretto estendere agli interessi moratori la specifica disciplina sanzionatoria prevista, agli effetti civili, dall’art. 1815, 2° comma c.c. ai sensi del quale se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. Ora, tale tipo di sanzione è comunemente considerata assai drastica e di tipo nettamente sanzionatorio più che conformativo. Tale eccezionale tipologia di sanzione si giustifica solo all’interno dello specifico sistema di contrasto del fenomeno dell’usura che è stato appositamente disegnato dal legislatore e che, ponendo capo ad un rimedio essenzialmente sanzionatorio, non è suscettibile di applicazione estensiva.

L’esclusione dalle segnalazioni e successive rilevazioni degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardo nei pagamenti è stata ribadita in data 25 marzo 2011 dal D.M. del MEF relativo ai tassi soglia trimestrali. Da ciò è facile dedurre che la nozione di tassi usurari come tassi che superano i tassi soglia è persino impropria perché in realtà si tratta di confrontare l’insieme di voci predefinite che attengono al costo del credito convenuto tra le parti con l’insieme delle stesse voci di costo medio rilevate trimestralmente. Se questa è la esatta nozione di interesse usuraio, non rileva ai fini del quesito sollevato dal Collegio Remittente la diversità ontologica tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, ma il solo fatto che questi ultimi non sono rilevati nel corso del procedimento che identifica i tassi soglia e quindi non fanno parte dell’insieme delle voci di costo del credito che confluiscono nella identificazione dei tassi soglia. Come già rilevato in una precedente decisione di questo Collegio, tra i due insiemi, quello concretamente pattuito tra le parti di un rapporto creditizio e quello rilevato al fine di identificare il tasso soglia vi deve essere infatti perfetta simmetria, sia sotto il profilo della composizione dell’insieme sia sotto il profilo cronologico, come chiarito a quest’ultimo riguardo dal D.L. 29/12/00 n. 394, di interpretazione autentica della L. 108/96.

Va quindi ribadito il principio fondamentale della perfetta simmetria tra i due termini del confronto da cui discende che, così come sarebbe palesemente scorretto confrontare gli interessi pattiziamente convenuti per una data operazione di credito con i tassi soglia di una diversa tipologia di operazione creditizie, così come sarebbe palesemente scorretto calcolare nel costo del credito convenzionalmente pattuito gli addebiti a titolo di imposte,altrettanto risulta scorretto calcolare nel costo del credito pattuito i tassi moratori che non sono presi in considerazione ai fini della individuazione dei tassi soglia, perché in tutti i casi si tratta di fare applicazione del medesimo principio di simmetria.

Se però si assume che gli interessi moratori debbono essere differenziati da quelli corrispettivi, non solo in contemplazione della loro funzione e natura giuridica, ma anche nella loro misura, non si può accadere alla tesi per cui il calcolo mediante il quale si perviene ad individuare i tassi soglia del TAEG si può estendere anche ai pur non contemplati tassi moratori convenuti, alla luce della sostanziale omogeneità con i tassi corrispettivi che invece sono oggetto di rilevazione. Al riguardo è già stata osservato, ed il Collegio condivide tale osservazione, che tale soluzione equivale a dichiarare il disvalore dei tassi moratori ed a renderli come immeritevoli di tutela, assoggettandoli ad un soglia limite che non è la loro. Ma se si riflette sui dati positivi offerti dall’ordinamento si deve pervenire alla conclusione che tale giudizio di disvalore è inaccettabile ed anzi deve essere ribaltato con la conseguenza che la tesi sopra riferita deve essere giudicata giuridicamente insostenibile. Conclusivamente si deve ribadire che non possono essere assoggettati alla disciplina relativa gli interessi usurari elementi di costo del credito che non siano contemplati nel calcolo dei tassi soglia.

Ricordato che, come parimenti indicato dalla Cassazione (cfr. Cass. civ., sez. III, 18-11-2010, n. 23273), la riducibilità della penale non è norma di carattere eccezionale, bensì espressione di un più generale potere-dovere del giudice di controllo sulla congruità di qualunque clausola contrattuale atta a predeterminare la pena gravante sulla parte inadempiente, così da garantire la sua proporzionalità e la sua eventuale riconduzione ad un ammontare tale da essere meritevole di tutela e pertanto l’art. 1384 c.c. risulta applicabile agli interessi di mora convenzionalmente stabiliti dalle parti.

Giudice Antonio Gambaro