sentenza

ABF Collegio di Napoli n. 125 del 5 Dicembre2013

Mutuo – Usura – art. 1815 c.c. –esclusione tasso di mora da verifica usura – no relazione interesse di mora e tasso soglia – maggiorazione 2,1% non utilizzabile – no anatocismo nel pagamento della mora

 

L’art. 1815 c.c. (che prevede la non debenza di eventuali interessi usurari) è applicabile in via estensiva a qualsiasi finanziamento accumunabile ad un mutuo.

Gli interessi moratori devono essere esclusi dalla verifica dell’usura. Essendo dovuti solo in caso di inadempimento (obbligazione autonoma rispetto al rimborso del finanziamento) sono alternativi rispetto agli interessi corrispettivi e non possono essere ad essi sommati nel procedere alla verifica dell’usura. Inoltre la loro pattuizione non è elemento fondamentale della concessione del credito, potendo astrattamente il tasso di mora non essere neppure previsto al momento della stipula del finanziamento.

Il tasso di mora non può essere confrontato con i tassi soglia (in quanto questi ultimi non contengono interessi di mora, le due grandezze risultano disomogenee) né può essere considerata la maggiorazione del TEGM del 2,1%, che è frutto di una mera indagine statistica.

 

La prima questione che viene in luce è quella che concerne l’ambito di operatività dell’art. 1815, co. 2, c.c.. Com’è noto, tale disposizione prevede che, qualora siano stati convenuti interessi usurari, la clausola sia affetta da nullità e non siano dovuti interessi di qualsiasi genere. La norma è dettata specificamente per il mutuo, ma si discute se essa operi anche al di fuori di questa figura negoziale. (…) Qualora si sia al cospetto di un finanziamento che possa essere accomunato al mutuo, non vi sia ragione per escludere l’operatività dell’art. 1815, co. 2, c.c. (…) Allorché non vi siano difformità di carattere strutturale, insomma, è da ritenere che sia preferibile l’interpretazione estensiva, la quale non pone questioni (e limiti) di analogia, dato che ci si muove pur sempre nell’ambito dello stesso genus tipologico.

(…) la sentenza della Cassazione, a cui la ricorrente si riferisce (del 9.1.2013 n. 350), non ha parlato di sommatoria d’interessi con riguardo all’usura.La Cassazione si è limitata solo a ribadire il proprio orientamento, in virtù del quale pure gli interessi moratori debbono essere sottoposti al vaglio di usurarietà al pari di quelli corrispettivi.

La funzione degli interessi moratori com’è noto, configura una sorta di liquidazione presuntiva e forfettaria del danno causato dal mancato o ritardato pagamento di un’obbligazione pecuniaria. Quando vi è l’inadempimento interessi corrispettivi ed interessi moratori, in via di principio, non si cumulano, ma sono dovuti solo i secondi. Il carattere risarcitorio degli interessi moratori pone questi ultimi su di un piano profondamente diverso dagli interessi corrispettivi.

In secondo luogo, non va trascurato un altro elemento differenziale. Esso corrisponde alla necessaria e logica interdipendenza che esiste tra l’erogazione del credito e l’usura. Nel senso che, a differenza dell’interesse corrispettivo, nessun ruolo ha l’interesse moratorio (per la già vista funzione) nella concessione del credito.

Per la banca, ad esempio, la pattuizione degli interessi moratori, per quanto detto in precedenza, potrebbe anche mancare del tutto, posto che questi interessi (sia pure in misura pari a quelli corrispettivi) sarebbero comunque dovuti. Essi svolgono sicuramente una funzione di ammonimento verso il debitore, ma non sono determinanti nella formazione del credito, distanziandosi, così, dall’attività bancaria propriamente intesa.

Per il cliente, all’opposto, la concreta applicazione degli interessi moratori dipende, indefinitiva, solo dal proprio comportamento.

Quanto finora osservato induce ad escludere in linea di principio gli interessi moratori dalla valutazione dell’usura.

Non si può porre in relazione la misura degli interessi moratori con il c.d. tasso soglia. Ciò per il semplice motivo che l’interesse moratorio non concorre in alcun modo nella rilevazione periodica e, quindi, alla formazione del c.d. tasso soglia. Ne consegue che non sono raffrontabili due elementi disomogenei. Senza necessità di ripercorrere i punti salienti della discussione, è sufficiente ricordare in merito le posizioni della Banca d’Italia e del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Le Istruzioni della Banca d’Italia sulla rilevazione dei tassi medi ai fini dell’usura hanno sempre precisato che gli interessi moratori sono esclusi dal calcolo del TEGM, che, com’è noto, costituisce la base del c.d. tasso soglia.

Posizione che è stata ribadita, di recente, nei chiarimenti del 3.7.2013 in cui la Banca d’Italia ha precisato che gli interessi moratori non vanno presi in considerazione “perché non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente”.

Analogamente i decreti ministeriali, a partire dal primo, escludono costantemente gli interessi di mora dal TEGM. In definitiva gli interessi moratori non possono venire rapportati al c.d. tasso soglia. Occorre chiedersi, però, se tali interessi vadano raffrontati a qualcos’altro. Il riferimento potrebbe essere costituito da quel dato rilevato nel 2002, concernente gli interessi moratori contrattualmente previsti dalle banche, pari mediamente ad una maggiorazione del 2,10%. Anche questo elemento, però, non appare utilizzabile per varie ragioni in vista del giudizio di usurarietà. Innanzitutto, perché si tratta di un “indagine statistica” effettuata a meri “fini conoscitivi”: il che non la pone sullo stesso piano del TEGM.

In definitiva, non si viene a concretizzare alcuna sommatoria di interessi, dato che gli interessi moratori operano sull’unico debito esistente (in senso favorevole, Cass., 21 ottobre 2005, n. 20449 in Rep. foro it., 2005, Credito fondiario, n. 8; Cass., 31 gennaio 2006, n. 2140, in Corr. giur., 2007, 3, 393 ss.; con riguardo ai mutui fondiari per i contratti anteriori al 1.1.1994, v. Trib. Roma, 6 agosto 2003, in Temi romana, 2003, 70; Trib. Napoli, 8 giugno 2001, in Rep. foro it., 2003, v. Credito fondiario, n. 7; contra Cass., 20 febbraio 2003, n. 2593, in Foro it., 2003, I, 1774; Trib. Pescara, 23 agosto 2005, in Foro it., 2006, I, 1755).

Se, come visto, l’obbligazione è unitaria ed inscindibile al momento dell’inadempimento il problema viene risolto in radice perché non si crea un fenomeno anatocistico.A supporto di questa conclusione, va ricordato che la delibera CICR del 9.2.2000 ha previsto espressamente che nei rimborsi rateali dei finanziamenti non regolati in conto corrente (art. 3), in caso di inadempimento all’obbligo di pagamento delle rate scadute, sono dovuti, se contrattualmente previsti, gli interessi moratori sull’importo complessivamente dovuto.

Giudice Nicola Rocco Di Torrepadula