sentenza

ABF Decisione n. 3429 Collegio di Roma del 26 Maggio2014

Finanziamento conto revolving - Nullità del contratto per mancanza di forma scritta

Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore).

Restituzione – Del capitale – Secondo la periodicità fissata nel contratto nullo

Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale –i contratti creditizi.

Degli interessi – Interessi legali semplici – Esclusione di ogni altro onere

Secondo una simile ricostruzione, dunque, la corresponsione degli interessi (sia pure nella sola misura legale e senza possibilità di capitalizzazione, nella prospettiva, cioè, della disciplina legale generale della ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c., data l’inoperatività di eventuali peculiari meccanismi convenzionali in dipendenza della riscontrata radicale inefficacia del contratto), risulta elemento costitutivo imprescindibile dell’obbligazione restitutoria gravante sull’accipiens.

Pertanto, può concludersi nel senso che la pretesa restitutoria a carico del cliente, nel caso di nullità del contratto accertata, debba estendersi, oltre che alla somma-capitale erogata dall’intermediario al cliente, pure alla corresponsione di interessi – ovviamente al solo tasso legale e senza alcuna capitalizzazione – a far data dalla avvenuta messa a disposizione di quest’ultimo della somma medesima (Collegio di coordinamento, decisione n. 3257 del 2012).