sentenza

Cassazione Civile n. 888 del 17 Gennaio2014

Riguardo la stima dei beni oggetto di leasing, possono ravvedersi alcune indicazioni nella Sent. Cass. n. 888/2014. Tra i principi stabiliti dalla Corte, si ravvede il principio secondo cui la perdita di valore cagionata al bene locato dalla generalizzata caduta dei prezzi nel mercato di riferimento non può essere attribuita all’intermediario finanziario, ma vada bensì addebitata alla parte locataria. Ciò in virtù del fatto che si presume sia stata quest’ultima ad individuare il bene, per cui l’acquisto dell’intermediario è stato dettato unicamente dalle scelte della parte locataria, che si dovrà fare quindi carico delle relative svalutazioni.  Con specifico riferimento ai contratti di leasing, la menzionata Sent. Cass. n. 888/2014 ha chiarito come “le clausole contrattuali che attribuiscano alla società concedente - società di leasing - il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso dell'immobile, attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva rispetto all'interesse del creditore all'adempimento, di cui all'articolo 1384 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 13 gennaio 2005 n. 574; Idem, 2 marzo 2007 n. 4969; Idem, 27 settembre 2011 n. 19732, ed altre). Nel valutare se la penale sia manifestamente eccessiva, infatti, il giudice è tenuto a comparare il vantaggio che essa assicura al contraente adempiente con il margine di guadagno che egli si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (Cass. civ. Sez. 3, 23 marzo 2001 n. 4208).”

La clausola di risoluzione standard – estratta da un contratto reale – prevede infatti che “(…) l’Utilizzatore dovrà restituire prontamente l’immobile libero da persone e cose al Concedente e questo ultimo ha diritto di pretendere dall’Utilizzatore, fatto salvo il maggior danno, una penale di risoluzione, il cui importo, all’uopo indicato, è pari ai canoni scaduti e non pagati fino al momento della risoluzione, nonché di quelli a scadere attualizzati al tasso indicato maggiorati del prezzo per l’opzione finale di acquisto e dedotto quanto ricavato dalla vendita del bene.” La Cassazione proprio in riferimento ad una clausola analoga si è espressa qualificandola “manifestamente eccessiva”: “Vanno condivisi i rilevi della ricorrente circa l’estrema genericità della clausola, la cui attuazione è rimessa alla piena discrezionalità della concedente quanto a tempi, modalità e condizioni di vendita e quanto a tempi e modalità con cui il corrispettivo dovrebbe essere riversato in favore dell’utilizzatore. Quest’ultimo rimane privo di sostanziale tutela, quanto ai suoi diritti sul bene, del quale per contro una volta adempiuto all’integrale restituzione del finanziamento dovrebbe avere il diritto di acquisire proprietà e disponibilità.” (Cass. 17/1/14, n. 888).