sentenza

Cassazione Civile, Sez. I, n. 17150 del 17 Agosto2016

Confermando l’orientamento espresso dalla Cassazione S.U. n. 24418/10, la Suprema Corte ha ribadito che la nullità della clausola anatocistica comporta la necessità di ricalcolare il rapporto senza applicazione di alcuna altra forma di capitalizzazione periodica, neppure annuale (quindi necessariamente in regime di capitalizzazione semplice).

In tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi, perché questi in conseguenza  di quella declaratoria si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato.

Ne consegue che il giudice dovrà calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione.

La Suprema Corte ribadisce, citando le precedenti pronunce n. 24483/13 e n. 21080/05, che in sede di opposizione a Decreto Ingiuntivo la nullità delle clausole contrattuali per violazione dell’art. 117 TUB (indeterminatezza della pattuizione dei tassi) o della l. 108/96 (usura) è rilevabile anche d’ufficio qualora il contratto sia contestato e se ne invochi la nullità anche se sotto profili diversi.

L’eccezione “è infondata alla luce del principio di diritto, posto da questa Corte (Cass. Sez. l, Sentenza n. 24483 del 2013; Sentenza n. 21080 del 2005), secondo cui “nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole del contratto di conto corrente bancario che rinviano alle condizioni usualmente praticate per la determinazione del tasso d'interesse o che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., qualora vi sia contestazione, anche per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, senza che ciò si traduca in una violazione del principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, in presenza di un'azione diretta a far valere l'invalidità di un contratto, il giudice possa rilevare d'ufficio la nullità per cause diverse da quelle dedotte dall'attore.””

Con riferimento a contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della l. 154/92 (indeterminatezza dei tassi sanzionata con la sostituzione coi tassi BOT) o della l. 108/96 (usura), le clausole contrattuali che fossero contrarie alle predette disposizioni normative diventano inefficaci ex nunc, ovvero solo dall’entrata in vigore delle nuove norme, e sempre che il rapporto sia ancora acceso.

In tema di interessi usurari le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell'usura (introdotte con l'art. 4 l. 17 febbraio 1992 n. 154, poi trasfuso nell'art. 117 d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, e con l'art. 4 l. 7 marzo 1996, n. 108), pur non essendo retroattive, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, comportano l'inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti stessi sulla base del semplice rilievo operabile d'ufficio anche dal giudice che il rapporto giuridico non si sia esaurito prima ancora dell'entrata in vigore di tali norme e che il credito della banca non si sia cristallizzato precedentemente.

Giudice Genovese Francesco Antonio