sentenza

Ordinanza Tribunale di Milano del 3 Aprile2015

Conto corrente – anatocismo – riforma art. 120 TUB – tutela del consumatore – legge n. 147/13

Il Giudice ha stabilito, limitatamente ai soggetti consumatori, l’inammissibilità della pratica anatocistica per il periodo successivo al 31/12/13 in quanto non conforme al dettato legislativo della legge n. 147 del 2013.

 

Occorre verificare se la doglianza inerente l’applicazione da parte degli istituti di credito di una clausola asseritamente divenuta nulla a seguito di una sopravvenienza normativa, possa essere sussunta nella violazione dell’obbligo di correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, cui è tenuta e al cui rispetto ha diritto il consumatore.

La nullità, è la sanzione che colpisce la previsione pattizia (la clausola che risulti in contrasto con il testo normativo entrato in vigore è nullo), mentre l’attuazione di detta clausola, in quanto applicazione di un patto invalido (ab origine o per nullità sopravvenuta), integra un’autonoma condotta, che può astrattamente porsi in contrasto con l’interesse della controparte e, quindi, con il dovere di correttezza.

Per quanto attiene, poi alla collettività dell’interesse, che l’art. 139 richiede quale presupposto per la legittimazione delle associazioni consumeristiche, deve ritenersi che il requisito sia insito nella diffusività della clausola asseritamente valida.

Concretato il motivo di urgenza nella potenziale reiterabilità della lesione, discendente non solo e non tanto dalla astratta idoneità della clausola nulla a essere inserita in nuovi stipulandi contratti perferzionati con il richiamo alle medesime condizioni generali di contratto, ma soprattutto nella capacità delle clausole contestate di continuare a produrre i loro effetti in quanto inserite in contratti di durata, aggravando in tal modo il prospettato effetto pregiudizievole a carico dei consumatori.

Nel caso in esame non solo la clausola oggetto di doglianza è stata inserita nelle condizioni generali dei contratti stipulati e nell’esecuzione di essi è tutt’ora applicata (circostanza incontestata ex art. 115 c.p.c.), ma deve altresì rilevarsi come le banche resistenti non abbiano mai dedotto nel corso del procedimento di voler eliminare o correggere detta previsione dal testo delle convenzioni stipulande.

Si tratta, a questo punto, di passare all’esame del merito della contestazione e quindi, verificare se effettivamente l’art. 1 comma 629, della L. n. 147/2013, modificando il secondo comma dell’art. 120 TUB, abbia reso illegittima a decorrere dal 1/1/2014 qualsiasi prassi anatocistica nei rapporti bancari e, per quanto qui di interesse, abbia vietato l’addebito di interessi anatocistici passivi.

La norma testualmente dispone: 2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessinelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

Al di là del rimando a una successiva delibera del CICR, di cui si dirà infra, la portata dispositiva della norma si racchiude in quanto articolato alla lettera a) e b), trattandosi di paletti invalicabili nella disciplina tecnica che potrà essere adottata in via secondaria.

In sostanza la norma circoscrive la portata della capitalizzazione degli interessi periodicamente conteggiati, escludendo che tale operazione contabile possa consentire alcun prodotto anatocistico.

La norma pertanto non può essere intesa come rivolta a vietare l’anatocismo nei rapporti bancari, di farlo introducendo in tale ambito una disciplina speciale più rigorosa della normativa ordinaria dettata dall’art. 1283 c.c.

Si tratta, tuttavia, di verificare se tale innovazione legislativa sia effettivamente decorrente dal 1.1.2014 o, viceversa, necessiti per la sua operatività del successivo intervento di normazione tecnica secondaria ad opera del CICR, come sostenuto dalle banche resistenti.

A detta di quest’ultime, supportate da parere espresso dalla stessa Banca d’Italia, il nuovo secondo comma dell’art. 120 TUB rimarrebbe sospensivamente condizionato all’intervento del CICR, in conformità al rimando effettuato nella parte introduttiva della norma.

La tesi non può essere condivisa, se solo si consideri che, una volta riconosciuto come l’articolo in esame vieti in toto l’anatocismo bancario, nessuna specificazione tecnica di carattere secondario potrebbe limitare la portata o disciplinare diversamente la decorrenza del divieto, pena diversamente opinando che una norma primaria possa in tutto o in parte o anche solo temporaneamente essere derogata da una disposizione secondaria ad essa sottordinata.

Per ragioni sostanzialmente equivalenti non potrebbe neppure essere condivisa la tesi che vorrebbe rimetter al successivo intervento del CICR la stessa interpretazione del nuovo secondo comma dell’art. 120 TUB, in quanto così facendo si vorrebbe attribuire a un organo del potere esecutivo il compito di attribuire significato a un atto legislativo, in palese violazione dei più elementari principi in materia di separazione dei poteri dello Stato.

Per tali ragioni, deve essere accolta la domanda diretta a scongiurare che la prosecuzione della condotta lesiva posta in essere dalle due banche convenute possa protrarre il danno ingiusto arrecato agli interessi consumatori.

 

Giudice Estensore Francesco Ferrari