sentenza

Tribunale di Alessandria n. 1031 del 21 Novembre2016

La natura solutoria della rimessa, ex art. 2697 comma 2 c.c., deve essere provata da chi ne eccepisce l’esistenza, ovvero dalla Banca. 

In mancanza dell’indicazione della natura solutoria della rimessa, tutte le rimesse dovranno considerarsi ripristinatorie, con conseguente decorrenza del termine di prescrizione dalla chiusura dei rapporti di conto corrente.                                                                   

La c.m.s. va ricompresa nel calcolo del TEG anche per il periodo anteriore al 1.1.2010, come commissione collegata all’erogazione del credito e quindi rilevante  per la determinazione del tasso usurario, secondo la definizione fornita dall’art. 644 c.p.; le istruzioni della Banca d’Italia e la norma primaria  (art. 644 c.p.) rispondono a funzioni diverse, in quanto individuano rispettivamente la formula impiegata per la rilevazione del TEGM e del TEG e nel caso di un’eventuale contrasto tra le fonti si dovrà disapplicare la fonte secondaria, in quanto la legge non autorizza la Banca d’Italia o il Ministro a determinare con effetti vincolanti l’aggregato di costi rilevante ai fini del TEG. 

La clausola che prevede la c.m.s., affinchè sia valida, deve rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al clienti, in conformità con quanto stabilisce l’art. 1346 c.c. (secondo il quale ogni obbligazione contrattuale deve essere determinata o quanto meno determinabile) e dell’art. 117, comma 4 TUB che impone la forma scritta ad substantiam per ogni prezzo, condizione o onere praticato nei contratti bancari.

 

 

Giudice Mela Pierluigi