sentenza

Tribunale di Arezzo n. 184 del 9 Febbraio2017

La clausola che prevede commissioni di massimo scoperto è nulla ove non pattuita per scritto o nei casi in cui essa sia pattuita per scritto, ma senza che indicazione dei criteri di calcolo.

La c.m.s. va ricompresa nel calcolo del TEG anche per il periodo anteriore al 1.1.2010, come commissione collegata all’erogazione del credito e quindi rilevante per la determinazione del tasso usurario, secondo la definizione fornita dall’art. 644 c.p.

L’art. 2 bis, comma 2 della Legge 2/2009 (secondo il quale “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente…sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 della L. 108/96”) è disposizione di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4, in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo la prassi amministrativa erronea, indicata nelle Istruzioni della Banca d’Italia anteriori all’agosto 2009, che escludeva la c.m.s. dal TEG.

Le clausole contrattuali nulle perché inducenti tassi usurari non possono essere sostituite automaticamente da clausole legali, che riportino il tasso a quello non illecito perché l’art. 1815 c.c. non si limita a sanzionare con la nullità le clausole contrattuali che prevedono interessi usurari ma aggiunge che in tali casi “non sono dovuti interessi”.

L’art. 1815 c.c., pur se codicisticamente dettato in tema di mutuo, si applica a qualsiasi fattispecie che attiene ad interessi usurari, in quanto la legge 108/96 ( il cui art. 4 ha introdotto all’art. 1815 c.c., il comma 2), risponde all’intento di punire anche sul piano civile la pattuizione di interessi usurari, a prescindere dalla fattispecie legale cui accedono.

Giudice Breggia Carlo