sentenza

Tribunale di Massa del 7 Febbraio2019

Estratto della sentenza, per quanto concerne la censura del regime finanziario adottato nel piano di ammortamento:

"I piani di ammortamento cd. alla francese, in applicazione dei quali il C.T.U. ... ha accertato essere stati predisposti (ed eseguiti) entrambi i contratti di mutuo oggetto di giudizio, risultano stilati secondo il regime di capitalizzazione composta, evincendosi dallo sviluppo degli stessi piani l’adozione di un tasso di interesse effettivo (T.A.E.) superiore rispetto a quello nominale (T.A.N.), secondo quanto precisato dal medesimo ausiliario del Tribunale: nel contratto di finanziamento ipotecario, infatti,  il T.A.N. indicato in contratto è di 3,852%, mentre il T.A.E. è del 3.921% (con scostamento di 0.069%); nel contratto di mutuo fondiario il T.A.N. è di 3.756%, mentre il T.A.E. è di 3,821% (con divergenza pari a 0,065%); avendo il C.T.U. verificato che l’ammontare totale di quanto dovuto dalla mutuataria a titolo di interessi nell’ipotesi in cui i piani di ammortamento fossero stati formulati in regime di capitalizzazione semplice sarebbe risultato inferiore a quanto a tale titolo corrisposto dalla medesima attrice in base al regime di capitalizzazione composta in concreto adottato. Ambedue i summenzionati contratti non contengono menzione alcuna del regime finanziario in base ai quali sono stati predisposti i piani di ammortamento di rispettiva pertinenza.

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Il regime finanziario della capitalizzazione composta, adottato nella quasi totalità dei mutui predisposti con ammortamento alla francese concessi dagli istituti di credito, prevede l’attualizzazione dei flussi finanziari sulla base di una funzione di matematica esponenziale ed è caratterizzato da leggi finanziarie (ovvero da formule, algoritmi) dotati della proprietà della scindibilità (a differenza di quello della capitalizzazione semplice, fondato su leggi additive); leggi in forza delle quali l’adozione del ridetto regime comporta necessariamente (fatta eccezione per le ipotesi di scuola di mutuo uniperiodale o di pattuizione di tasso d’interesse nullo, in concreto non configurabili nella casistica giudiziaria) un effetto anatocistico, in virtù della produzione di interessi su interessi precedentemente maturati; e ciò in quanto, per effetto dell’applicazione di tale regime, gli interessi precedentemente maturati, a causa della loro capitalizzazione nel debito residuo, sono causa di ulteriori interessi. 

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Nel regime semplice, in virtù del principio di additività che lo caratterizza, gli interessi, anche se vengono calcolati sul capitale in scadenza (con periodicità mensile, annuale o in base a diversi intervalli temporali) e contabilizzati, divengono esigibili soltanto alla scadenza del capitale finanziato e contestualmente al debito inerente a quest’ultimo, restando infruttiferi fino a quel momento; la sterilità degli interessi maturati a ciascuna scadenza lascia invariato il capitale di riferimento, realizzando una crescita del montante di tipo lineare, proporzionale al tempo, oltre che al capitale, di modo che il montante procede secondo una progressione aritmetica.  Nel regime composto, invece, per effetto del principio di scindibilità sul quale si fonda (corrispondente alla capitalizzazione periodica degli interessi), gli interessi vengono calcolati periodicamente sul montante maturato (comprensivo degli interessi in precedenza scaduti) e, al momento in cui maturano, o vengono pagati, o si fondono immediatamente con il capitale, che così lievita di periodo in periodo, in successive capitalizzazioni degli interessi fino alla scadenza del finanziamento; di tal che, con l’interesse composto il montante è proporzionale al capitale e funzione esponenziale della durata.

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Va peraltro precisato che, a stretto rigore, l’anatocismo non si identifica tout court con la capitalizzazione composta degli interessi, costituendo tale ultimo regime finanziario il genus nel contesto del quale è riconducibile l’anatocismo come species, atteso che quest’ultimo, inteso come produzione di interessi su interessi (ex art. 1283 c.c.), non esaurisce l’intero ambito applicativo dell’interesse composto: la previsione pattizia in virtù della quale interessi che vengono in scadenza vanno pagati ancor prima della scadenza del capitale risponde (anche) al regime di capitalizzazione composta, ma non necessariamente una pattuizione di tal genere comporta la spirale ascendente di lievitazione degli interessi, che, contrastando con il principio di proporzionalità di cui all’art. 821 comma 3 c.c. (in forza del quale gli interessi vengono legittimamente prodotti in ragione della durata del diritto, vale a dire purchè proporzionali al tempo di annullamento del debito capitale residuo), caratterizza e qualifica l’anatocismo. Quel che è indubbio è che nei piani di rimborso rateale dei finanziamenti l’impiego del regime finanziario della capitalizzazione composta, con pagamento periodico degli interessi calcolati su tutto il debito residuo non ancora estinto,  determina il venir meno della suddetta proporzionalità rispetto al tempo e comporta la conseguente maggiorazione della rata di ammortamento, per effetto della quale il monte interessi lievita esponenzialmente (ciò che comporta, per l’appunto, la produzione di interessi su interessi). E’ proprio in tale fenomeno che si annida l’essenza dell’anatocismo, per quanto “celato” nel valore della rata pattuita, quantificata già ab origine applicando il T.A.N. contrattuale secondo la formula dell’interesse composto; operazione questa che, nello sviluppo del piano, comporta la sostanziale equiparazione al capitale finanziato (C) del corrispondente valore futuro (M, comprensivo di interessi anatocistici), espresso dalla formula M = C(1+i)k, in luogo del valore futuro che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati, espresso dalla diversa formula M = C(1+ki). 

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In definitiva, con il regime composto, anche nella variante costituita dal pagamento degli interessi (in alternativa alla loro capitalizzazione), svanisce, a ben vedere, la distinzione tra capitale ed interessi, restando indifferente all’atto del pagamento periodico l’individuazione del titolo per il quale esso avviene (se in riferimento all’obbligazione principale o a quella accessoria) e, correlativamente, quale sia la specifica composizione della rata (nella sua ripartizione tra quota capitale e quota interessi), risultando comunque invariato il montante sul quale si producono nuovi interessi; e ciò proprio perchè, sotto il profilo finanziario, adottando il regime in questione la composizione della rata è pressochè ininfluente. Attraverso il piano di ammortamento alla francese strutturato secondo il regime della capitalizzazione composta assume infatti rilievo, sotto il profilo finanziario, esclusivamente l’importo della rata costante del piano di rimborso, potendo quest’ultima essere suddivisa in vario modo fra quota capitale e quota interessi; dando luogo, in ogni caso, alla medesima somma periodica di debito residuo ed allo stesso importo complessivo di interessi e capitale nei vari possibili scenari di composizione delle rate, tutti finanziariamente equivalenti, in quanto comunque fondati sul regime composto di produzione degli interessi e sulla legge di scindibilità. Con il paradossale risultato che la sostanziale intercambiabilità tra capitale ed interessi nell’ambito delle rate, dovuta all’equivalenza finanziaria che caratterizza il regime finanziario utilizzato, ove si presti attenzione esclusivamente alla forma implica che lo stesso monte interessi del piano di ammortamento in regime composto con una certa modalità dovrebbe risultare illegittimo, in quanto ricomprendente interessi su interessi, con l’altra sarebbe legittimo, in quanto prodotto pressochè esclusivamente da capitale; e ciò sebbene in quest’ultimo caso tale risultato venga conseguito attraverso la determinazione della rata secondo un valore più elevato, in virtù dell’impiego del T.A.N. convenuto in regime composto ed in base ad una ripartizione tra quota capitale e quota interessi che consente comunque di traslare sul capitale la produzione di interessi anatocistici. In altri termini, privilegiando, tra le varie possibili alternative di composizione della rata, quella che prevede il pagamento di tutti gli interessi maturati, per il periodo di ciascuna rata, sul debito residuo, prima facie non parrebbe verificarsi formalmente la produzione di interessi su interessi, ancorché la capitalizzazione composta applicata determini comunque il medesimo monte interessi che risulterebbe dall’operazione vietata ex art. 1283 c.c.. Con siffatta opzione di composizione della rata, a ben vedere, viene quindi illegittimamente eliso (più precisamente eluso) il discrimine necessariamente  esistente sul piano giuridico fra obbligazione principale e obbligazione accessoria, riservando al capitale ed agli interessi lo stesso identico trattamento ed, in definitiva, vanificando in tal modo, anche per effetto della sostanziale deroga al principio di proporzionalità posto dall’art. 821 comma 3 c.c., il beneficio che ordinariamente deriva al mutuatario dal pagamento anticipato degli interessi rispetto al capitale."

Giudice Provenzano Domenico