sentenza

Tribunale di Padova del 7 Giugno2017

In conformità con quanto stabilito dalla Cassazione penale 12028/2010, “ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario deve tenersi conto sia degli interessi passivi, sia di tutti gli altri oneri sopportati in connessione con l’utilizzo del credito, incluso la c.m.s. ed escluse le spese per l’utilizzo dei servizi”;

tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente. Ciò comporta che, nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata.

L’art. 2 bis, comma 2 della Legge 2/2009 (secondo il quale “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente…sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 della L. 108/96”) è disposizione di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4, in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo la prassi amministrativa erronea, indicata nelle Istruzioni della Banca d’Italia anteriori all’agosto 2009, che escludeva la c.m.s. dal TEG.

Giudice Zambotto Caterina