sentenza

Tribunale di Torino n. 3879 del 22 Luglio2017

IN MERITO ALL’USURA

Con tale pronuncia il giudice di Torino riprende quanto affermato dalla Suprema Corte penale nella sentenza n. 12028 del 19 febbraio 2010 (in senso conforme Cass. pen. 14.5.2010 n. 28743) secondo la quale:

- la c.m.s. è  un costo collegato all’erogazione del credito “giacchè ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente [ recte il fido ] e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente” e quindi rilevante ai fini della determinazione del tasso usurario;

- la circostanza  che la Banca d’Italia, nelle Istruzioni per la rilevazione dei tassi medi anteriori all’agosto 2009 abbia previsto la rilevazione separata della commissione di massimo scoperto e che quest’ultima non sia stata ricompresa nella tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi determinata dai decreti ministeriali pubblicati, non è in contrasto con l’inclusione della c.m.s. nella verifica dell’usura, in quanto la funzione affidata all’autorità amministrativa è di “fotografare, secondo rigorosi criteri tecnici, l’andamento dei tassi finanziari”;

- l’intervento dell’Autorità di vigilanza volto a “fotografare” l’andamento dei tassi finanziari richiede scelte interpretative nel rispetto dell’art. 644 co. 4 c.p.;

- l’art. 2 bis, comma 2 della Legge 2/2009 (secondo il quale “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente…sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 della L. 108/96”) non ha alcuna portata innovativa ma è disposizione di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4, in quanto “puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme”.

Così facendo, il giudice torinese si discosta dagli orientamenti espressi dalla Cassazione civile n. 12965 del 22 giugno 2016, rinvenendo in essa diversi punti di critica (dalla natura innovativa dell’art. 2 bis comma 2 della legge 2/2009 rispetto alla normativa previgente, al principio di omogeneità fra i criteri di calcolo della verifica ex art. 644 c.p. e del TEGM):

- la c.m.s. “storica” (anteriore alla legge 2/2009) è un costo collegato all’erogazione del credito e quindi deve essere compreso nel campo di applicazione dell’art. 644 c.p. e della legge 108/96; la stessa Banca d’Italia – “ed è un punto completamente sfuggito a Cass. 22.6.2016 n. 12965” - nella circolare n. 12 del 2.12.2005 riteneva la c.m.s. storica un costo collegato all’erogazione del credito dipendente dal puro e semplice utilizzo dei fondi indipendentemente dalla durata del tempo di utilizzo, pur rilevandola separatamente dalle altre voci di costo (“la scelta di separata rilevazione è coerente con la circostanza che l’entità della CMS dipende dalle modalità di utilizzo del credito da parte del cliente, limitandosi l’intermediario unicamente a predeterminare la misura percentuale”).      

- riguardo alla funzione che la legge n. 108/96 ha attribuito all’autorità amministrativa ribadisce che quest’ultima ha la funzione di fotografare l’andamento dei tassi medi di mercato, ossia di rilevare il TEGM e nel caso in cui la Banca d’Italia escluda certe operazioni che per le loro caratteristiche appaiono non significative o non idonee a fornire una rappresentazione fedele del costo medio del credito, le stesse saranno escluse dalla “rilevazione a fini statistici, ma non dall’applicazione della legge 108/96”; quindi tali operazioni dovranno essere scrutinate, ai fini della verifica di usura, utilizzando un TEGM che è stato formato dichiaratamente ignorandole. Ad esempio, pur essendo la mora esclusa dalla rilevazione del TEGM, essa concorre ai fini della determinazione del TEG.

- la legge non ha attribuito alcun potere al Ministero dell’Economia, sentita la Banca d’Italia, di definire la fattispecie usuraria ex art. 644 co. 4 c.p., determinando quali costi inerenti la concessione del credito siano rilevanti a fini dell’usura e quali esclusi. In realtà l’art. 644 co. 4 c.p. è norma penale (quasi) autosufficiente in quanto descrive in modo compiuto il nucleo dell’incriminazione senza alcun rinvio a fonti secondarie; infatti nello stabilire che “per la determinazione del tasso d’interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse collegate all’erogazione del credito” non richiama un aggregato di costi predeterminato dalla normazione secondaria (istruzioni, d.m.). Inoltre l’art. 644 c.p. è norma penale in bianco solo nel senso che non può operare senza la pubblicazione in d.m. del TEGM da cui ricavare il tasso- soglia, per il tramite dello spread

- le istruzioni della Banca d’Italia e la norma primaria (art. 644 c.p.) rispondono a funzioni diverse, in quanto individuano rispettivamente la formula impiegata per la rilevazione del TEGM e del TEG e nel caso di un’eventuale contrasto tra le fonti si dovrà disapplicare la fonte secondaria, in quanto la legge non autorizza la Banca d’Italia o il Ministro a determinare con effetti vincolanti l’aggregato di costi rilevante ai fini del TEG.

Per quanto riguarda le modalità concrete di verifica dell’usura,il dott. Astuni sostiene che:

  1. come soglia, vada adottata quella indicata nei D.M. trimestrali, senza incrementi. Non è possibile adottare il “regime del margine” (la metodologia della “CMS soglia” suggerita dalla circolare 2/12/05 della Banca d’Italia cui si riferisce “oscuramente e in modo un po’ confuso, senza mai citare la fonte” anche la Cass. 12965/16), né tantomeno è fattibile un ricalcolo dei TEGM e quindi delle soglie includendovi la CMS;
  2. come formula, va adottata quella indicata dalla Banca d’Italia semplicemente includendo tra gli oneri la CMS. Così facendo, afferma il giudice Astuni, risulta rispettato il principio di omogeneità: Due grandezze sono tuttavia comparabili se omogenee, ossia espresse nella medesima unità di misura e seguendo i medesimi criteri di calcolo. Nella specie, il tasso soglia ricavato dal TEGM e il TEG sono omogenei in quanto esprimono tassi percentuali ricavati dall’applicazione della formula di calcolo delle istruzioni di Banca d’Italia ai costi inerenti all’erogazione del credito, tale essendo anche la c.m.s.. Che il TEG consideri ai fini della verifica di legalità un costo non rilevato nel TEGM non nuoce alla sua comparabilità col tasso soglia; è anzi da rimarcare che il tasso soglia stesso non coincide col TEGM, risultando dall’applicazione al TEGM dello spread normativamente previsto.”

IN MERITO ALLA FIDEIUSSIONE

“In presenza della c.d. clausola di solve et repete il garante può far valere le eccezioni inerenti direttamente al contratto di fideiussione, quelle relative all’invalidità dello stesso, quelle concernenti la contrarietà del comportamento del beneficiario ai principi di correttezza e buona fede e infine quelle relative alla nullità del contratto da cui deriva l’obbligazione principale” (Cass. 29.3.1996 n. 2909). 

IN MERITO ALLA FORMA DEL CONTRATTO

In relazione alla carenza di forma scritta dei contratti di c/c e di apertura di credito il Giudice precisa che ai sensi dell’art. 117 TUB commi 1 e 3 “I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti e Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo”. Allo stesso modo l’art. 23 del Tuf stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di nullità e un esemplare deve essere consegnato ai clienti. Quindi “nel caso di contratto concluso dall’intermediario bancario o finanziario l’onere di forma scritta a pena di nullità è soddisfatto se la dichiarazione fatta per iscritto è sottoscritta anche dalla parte che si obbliga: sottoscrizione che al contempo individua l’autore dell’atto e ne implica la volontà di impegnarsi giuridicamente”.    

In ogni caso il contratto dell’intermediario bancario e finanziario non è soggetto a regole di formazione e prova diverse da quelle previste per i contratti di diritto comune che devono concludersi per iscritto a pena di nullità; infatti poiché l’art. 117 TUB non richiede che le sottoscrizioni di entrambe le parti risultino da un unico documento si ritiene ammissibile la conclusione del contratto mediante scambio di corrispondenza purché: il regolamento di interessi sia fatto per iscritto; proposta e accettazione di identico contenuto, siano sottoscritte da ambedue le parti; il proponente abbia conoscenza dell’accettazione dell’oblato, scritta e sottoscritta. Ne discende che il contratto si perfeziona nel momento in cui giunge al preponente conoscenza dell’accettazione (art. 1326 c.c.).

A giudizio del dott. Astuni, e in contrasto con la Cassazione 5919/16, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta (scrittura monofirma) “non determina la costituzione del rapporto ex nunc ma supplisce alla mancanza della sottoscrizione di detta parte con effetti retroagenti al momento della stipulazione” (Cass. 29.4.1982 n. 2707).

Quindi nel caso in cui l’attore ha assunto nella contrattazione la posizione di proponente e disponga di un accettazione scritta, potrà producendo tale dichiarazione (dell’oblato) provare per iscritto la conclusione del contratto, in quanto l’accettazione costituisce in tal caso prova scritta anche della proposta.

IN MERITO ALLA PRESCRIZIONE

In merito all’eccezione di prescrizione proposta da parte della convenuta (la quale sosteneva che il passaggio a credito del c/c abbia implicato l’estinzione per prescrizione di ogni competenza indebitamente annotata nel decennio anteriore) la stessa risulta infondata in quanto “Non equivale a pagamento, né può implicare la decorrenza del termine di prescrizione, la rimessa che determini il passaggio a credito di un c/c con saldo bensì debitore, ma contenuto nei limiti del fido”.

IN MERITO ALLA VALIDITA’ DELLA DELIBERA CICR 9/02/00

Per i rapporti accesi prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR 9/02/2000, l’anatocismo risulta illegittimo ai sensi dell’art. 1283 c.c.. L’illegittimità può essere sanata esclusivamente da una nuova pattuizione.

Infatti la variazione introdotta nel corso dell’anno 2000 non può che essere ritenuta peggiorativa, dovendo confrontarsi il nuovo regime (trimestrale) con il regime legittimo precedente (assenza di capitalizzazione): “se per il tratto anteriore al 30.6.2000 è indiscusso che la banca non poteva e non può legittimamente addebitare interessi su interessi, per il tratto successivo l’introduzione ex novo del meccanismo di capitalizzazione, sia pure su base di pari periodicità, ma con (ovvia, peraltro legittima) disparità nei tassi creditori e debitori, rappresenta un intuitivo peggioramento delle condizioni contrattuali ed esige specifica approvazione per iscritto (art. 7.3.) – mediante sottoscrizione ad hoc ex art. 1341 c.c. – come è previsto in via generale dall'art. 6 delibera CICR 9.2.2000 per i nuovi contratti

IN MERITO ALLA CMS

La clausola che prevede commissioni di massimo scoperto è nulla ove non pattuita per iscritto o nei casi in cui essa sia pattuita per iscritto, senza indicazione delle condizioni applicative, dei criteri di calcolo e della periodicità di addebito della stessa.

 

 

 

 

Giudice Astuni Enrico