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Ancora su Cass. 27704 e 27705/2018: le bugie hanno davvero le gambe corte?

Riportiamo l'estratto iniziale del contributo:

 

Ed ecco che una menzogna, ripetuta più e più volte, pare essere riuscita a persuadere un intero collegio, la CdA di Torino  nella 184 del 15/02/2021, la quale, testualmente, così si esprime:

L’esistenza del contratto di apertura di credito deve essere provata con la forma scritta e non può essere fondata su altri elementi come prove indirette, quali gli estratti conto, i riassunti scalari, i report della centrale rischi, la stabilità dell’esposizione, l’entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto, oppure voci quali “spese gestione fido” e “revisione fido”. Ai fini della individuazione delle rimesse solutorie e/o ripristinatorie – in mancanza di contratto scritto – il limite dell’affidamento non si può individuare nello stesso massimo scoperto consentito di fatto (Cass. civ., sez. 1, 30/10/2018 n. 27705).

MAI, tuttavia, la Suprema Corte ha pronunciato quella massima.

Facciamo un passo indietro.

A maggio dello scorso anno (2020), mi lamentavo (vd. QUI) del fatto che, in alcune difese bancarie, a supporto della tesi secondo la quale la prescrizione avrebbe dovuto agire come una “ghigliottina” per il periodo antecedente al decennio che precede l’introduzione della domanda giudiziale

(perché)

per dimostrare l'esistenza di un affidamento in capo al correntista sarebbe stato necessario produrre il documento contrattuale scritto

fossero ormai ripetutamente citate, a sproposito, due pronunce di Cassazione, la 27704/18 e la 27705/18.

Evidenziavo come, in realtà, in nessuna delle due pronunce della Corte di legittimità fossero presenti assunti del tipo «il fido di fatto è irrilevante» e tantomeno «ove la banca eccepisca la prescrizione, incombe sul correntista l’onere di provare la natura ripristinatoria dei pagamenti e la relativa prova dovrà essere fornita unicamente allegando il documento contrattuale, non rilevando all’uopo – per come si evince nelle pieghe della sentenza – le c.d. “prove indirette” (ossia le evidenze degli estratti conto, i riassunti scalari, i report della centrale rischi, la stabilità dell’esposizione che ne evidenzia il carattere non occasionale, l’entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto).»

Ebbene, a forza di insistere, le difese bancarie devono aver convinto la Corte di Appello di Torino ma la verità è che non troverete quelle parole né in Cass. 27704/2018, né in Cass. 27705/2018.

La Suprema Corte, semplicemente, aveva rilevato come in sede di legittimità non sarebbe stato possibile fornire ulteriori o nuove prove (ovvero chiedere un nuovo esame) rispetto al merito già esposto presso le corti territoriali.

A pagina 4 paragrafo 2.1 di Cass. 27705/18 si può difatti leggere che:

Come palesa lo svolgimento del medesimo, ove ripetutamente assume in modo apodittico la natura solutoria delle rimesse, il ricorso mira a sottoporre alla Corte un nuovo giudizio sul fatto, precluso in sede di legittimità. In sostanza, il ricorrente insiste nella ritenuta disponibilità relativa ad un preteso affidamento di fatto: ma la Corte del merito ne ha risolutivamente escluso la prova”.

In Cass. 27704/18, a pagina 2 si apprende che "La Corte [di appello ndr], per quanto ancora rileva, ha ritenuto, con l'ausilio di ctu, la natura solutoria delle rimesse effettuate, in quanto non è stata provata l'esistenza di un'apertura di credito o di affidamenti nel periodo considerato, con conseguente operatività della prescrizione decennale dai singoli versamenti." concludendo a pagina 3 al paragrafo 2 "Come palesa lo svolgimento del medesimo, ove ripetutamente assuma la natura solutoria delle rimesse, il ricorso mira a sottoporre alla Corte un nuovo giudizio sul fatto precluso in sede di legittimità. [...] In sostanza, il ricorrente insiste nella ritenuta disponibilità relativa ad un preteso affidamento di fatto: ma la Corte del merito ne ha risolutivamente escluso la prova.

Ciò che dunque appare evidente, è come in entrambe le vicende sulle quali Cassazione si è pronunciata, le corti di merito non avevano reputato che il correntista avesse provato di essere stato affidato e che un nuovo giudizio sul fatto sarebbe stato ormai stato precluso, in sede di legittimità.