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Brevi considerazioni sull'applicazione della norma di cui all'art. 644 C.P. nell'ambito dei rapporti bancari

Dal novembre 2008 al novembre 2011 si sono succeduti – alternandosi – interventi normativi e pronunce della Suprema Corte e che hanno introdotto rilevanti elementi di novità nella valutazione delle condotte penalmente rilevanti in tema di usura bancaria.  A fronte di un considerevole volume del contenzioso bancario all’esame del giudice civile sugli oneri passivi per il cliente, la giurisprudenza di merito - in sede penale - ha avuto ben più limitate possibilità di espressione.

La Suprema Corte con le sentenze n°12028/10, n°28743/10, e n°46669/11 ha riaffermato il primato di un’interpretazione delle norme incriminatrici fondata – rigorosamente – sul principio di riserva di legge delimitando la funzione integratrice del precetto affidata ai decreti ministeriali. Dalle sentenze citate è possibile trarre indicazioni univoche sulla struttura dell’elemento oggettivo del reato. Di seguito si evidenzierà l’iter argomentativo attraverso cui la Suprema Corte giunge ad affermare che l’entità della c.m.s. deve essere calcolata ai fini dell’accertamento dell’eventuale superamento del tasso di usura. Inoltre, verranno evidenziati gli spunti di riflessione che le sentenze offrono in ordine alla valutazione dell’elemento soggettivo del reato (dolo diretto o eventuale, colpa) e i criteri indicati dall’organo di legittimità per l’individuazione della persona fisica penalmente responsabile all’interno di una struttura imprenditoriale complessa quale quella degli istituti di credito.


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