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FINANZIAMENTI CON AMMORTAMENTO. La prescrizione degli artt. 1283 e 1284 c.c. e la distinzione fra la spettanza pattuita e la debenza corrisposta

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Nell’ammortamento alla francese, solo raccogliendo l’assenso, oltre che sulla rata costante, sul criterio di imputazione a capitale - compiutamente definito nelle quote periodiche di rimborso (progressione geometrica crescente) - e degli interessi riferiti al debito residuo, si vengono a scongiurare i vizi di trasparenza e la presenza dell’anatocismo nella spettanza pattuita. In tale circostanza, infatti, per l’obbligazione principale, compiutamente definita nel valore iniziale e in quelli periodali risultanti dai rimborsi pattuiti, la spettanza corrisponde propriamente al valore proporzionale del regime semplice, espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., nel rispetto degli artt. 821, 1283 c.c. e 120 TUB.

Qualunque approccio che - avulso dal quadro giuridico che presiede la pattuizione - circoscriva l’analisi dei finanziamenti a rata costante semplicemente nelle modalità tecniche che presiedono il piano di ammortamento, rimane un mero esercizio che, seppur informato ai più rigorosi principi della scienza finanziaria, è suscettibile di pervenire, sul piano giuridico, a conclusioni carenti e fuorvianti, propriamente errate.

Le numerose sentenze che si sono succedute negli ultimi anni, pur riconoscendo, in tempi più recenti, l’impiego del regime composto, hanno per lo più limitato l’attenzione alle modalità di pagamento previste nel piano di ammortamento deducendone l’estraneità all’anatocismo e l’assenza di vizi del consenso, senza tuttavia scandagliare e sciogliere compiutamente le criticità del regime composto impiegato, in termini occulti e non concordati, nella pattuizione della rata. In una coazione a ripetere percorsi precedentemente tracciati, come il mendicante ubriaco di P. Watzlawick, si va cercando la chiave sotto il lampione, anziché nella panchina dove si è addormentato.

L’operatore che accede al finanziamento valuta la sostenibilità della rata ma, sostanzialmente, negozia il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto; se detto tasso, senza alcun assenso del cliente, viene, nella pattuizione, celatamente impiegato in regime composto in luogo del regime semplice, si consegue una rata che include una spettanza maggiore del prezzo ex art. 1284 c.c.: questa evidenza non abbisogna di sofisticate elucubrazioni matematiche.

Il dettato degli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c., nonché dell’art. 120 TUB, interessa esclusivamente la velocità di produzione (maturazione) espressa nel tasso relativo alla ‘spettanza’ pattuita che, per l’ammortamento alla francese, è ricompresa nel valore della rata calcolata in regime composto, con un algoritmo che capitalizza gli interessi. Come ribadito da ultimo dalla recente Cassazione n. 24011/2021: ‘ove non ricorrano le particolari condizioni legittimanti previste dall’art. 1283 c.c. (Cass. S.U. n. 21095/2004), la capitalizzazione, fondandosi su un uso negoziale, anziché normativo (il solo che ammette la deroga dell’art. 1283 c.c.), deve ritenersi vietata per violazione di una norma cogente, dettata a tutela di un interesse pubblico’.

L’opacità che ne consegue sulla corretta rispondenza della spettanza al prezzo ex art. 1284 c.c. del finanziamento viene a configurare criticità poste sul crinale fra la trasparenza del prezzo e la violazione del divieto di anatocismo, dove le carenze della prima appaiono preordinate a mascherare il secondo per conseguire il medesimo esito dell’anatocismo. Volendo evitare pronunciamenti ispirati al semplicismo o informati al pregiudizio, quando non deviati da valutazioni tecniche espresse da ‘sedicenti matematici’, l’attenzione e riflessione del discrimine giuridico vanno rivolte agli elementi di criticità che gli aspetti matematici correttamente intesi riversano sul piano giuridico, fra la formulazione della spettanza pattuita e i criteri di imputazione espressi nel calcolo della debenza alle distinte scadenze. Il piano di ammortamento che accompagna e completa il contratto risulta matematicamente corretto e del tutto lecito solo ove la pattuizione ricomprenda compiutamente i criteri di imputazione a rimborso del capitale e a pagamento degli interessi.