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IL RISCATTO FINALE NEL LEASING TRASLATIVO: UNA DICOTOMIA TRA DIRITTO E APPLICAZIONE MATEMATICA CHE GENERA ANATOCISMO

Il riscatto finale è uno degli elementi caratterizzanti la locazione finanziaria: è il prezzo di esercizio di una opzione di tipo “call” acquistando la quale l’utilizzatore si riserva il diritto, dietro pagamento di un premio, di divenire proprietario del bene concesso in leasing ad un prezzo prestabilito.

Il lavoro del nostro associato Pierantonio De Vecchi (www.ilgiustoleasing.it), dall'alto di un'indiscutibile esperienza del settore, si focalizza sulle relazioni che legano il riscatto finale alle altre componenti l’operazione e sugli effetti, anche distorsivi, che possono derivare da una sua non corretta ponderazione.

L'approfondimento tecnico ha l'obiettivo di  fornire un contributo verso una sempre maggior trasparenza del settore.

Qui uno stralcio delle Conclusioni:

 

In estrema sintesi, quanto illustrato può così riassumersi:

  • Il pagamento del prezzo per il riscatto finale del bene oggetto del leasing non è un debito bensì una opzione riservata all’utilizzatore. Qualora esercitata, il pagamento avviene in unica soluzione alla scadenza del contratto sicché il riscatto finale assume una propria autonomia e va configurato come il rimborso di un prestito di tipo zero coupon;
  • La locazione finanziaria, dunque, riunisce in sé due tipologie di finanziamento: una rimborsabile con versamenti periodici mediante piano di ammortamento, l’altra uno zero coupon con pagamento di interessi e capitale in unica soluzione alla scadenza del contratto (riscatto finale). Le caratteristiche di quest’ultima ne impediscono il transito per il piano di ammortamento che rimane appannaggio del capitale ammortizzabile;
  • La definizione del canone e del piano di ammortamento è attività di calcolo residuale rispetto alla definizione dell’ammontare originario dello zero coupon di cui il prestabilito riscatto finale ne rappresenta il montante;
  • La via per determinare l’importo originario dello zero coupon è fornita dalle norme sulla trasparenza in tema di tasso da indicare in contratto che prevedono l’attualizzazione del riscatto finale ma nulla dicono sul regime matematico da utilizzare;
  • L’attualizzazione del riscatto con le regole del regime composto è da evitare perché genera anatocismo ponendosi in contrasto con l’art. 1283 C.C. e con l’art. 120 TUB, pertanto l’unica via, matematicamente e giuridicamente fondata, consiste nell’attualizzare il riscatto finale in regime semplice;
  • La ponderazione del riscatto finale in regime semplice comporta (rispetto al composto) canoni di minor importo, minori flussi di adeguamento canoni (se contratto indicizzato) e, nel caso di risoluzione anticipata del contratto, un modesto aumento del debito residuo (soprattutto nella fase mediana di vita del contratto).

Perseverare nel ponderare il riscatto in regime composto per ottenere un ulteriore lucro (illecito) rischia di esporre quelle concedenti a contestazioni sulla validità del TIA indicato in contratto con il rischio di vedersi obbligate all’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 TUB.

Infine, le risultanze emerse sulla base del nostro contratto fittizio, caratterizzato da lunga durata e riscatto elevato, non sempre si riscontrano perché contratti brevi con riscatti di importo modesto difficilmente producono significativi effetti sul TIA, talvolta non lo spostano come ad esempio nei leasing automobilistici, ma se la locazione finanziaria ha per oggetto un immobile, la contemporanea presenza di lunga durata e riscatto elevato (può raggiungere anche il 40% del costo bene) è pressoché garantita; trattandosi di investimenti considerevoli, anche le conseguenze dell’indicazione di un TIA irreale lo sono.