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L'usura nella mora. Il valzer della Cassazione

Continua la serie di prese di posizioni della Cassazione sulla mora, informate ad un profluvio di solipsismi che, nell’anarchia della funzione nomofilattica, alimenta incertezze, e quindi conflittualità, su aspetti che coinvolgono la generalità dei rapporti bancari, riversando risvolti di apprezzabile dimensione economica nella peculiare fase di criticità degli operatori economici e consumatori che incorrono nella mora.

 

La sentenza in oggetto palesa significative difformità dalle precedenti pronunce della Suprema Corte che, ad avviso dello scrivente, appaiono stravolgere il presidio di legge, condizionandolo ad equilibri ed obiettivi che ‘trasudano’ opinioni rivolte a vanificare il presidio all’usura nei costi di utilizzo al credito sacrificando, con esso, il superiore interesse pubblico al corretto svolgimento del mercato.

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La pronuncia ultima della Cassazione, con labili argomentazioni e apodittiche distinzioni, qualificate nella precedente Ordinanza nell’ambito di un ‘aforismo scolastico’, perviene a conclusioni diametralmente opposte a quelle dell’Ordinanza n. 27442/18. Ponendo sullo stesso piano la clausola penale e la CMS trasla, di riflesso, con un acritico semplicismo, agli interessi di mora il medesimo ragionamento adottato per le CMS dalle Sezioni Unite n. 16303 del 20 giugno 2018, adottando la rilevazione degli interessi di mora della Banca d’Italia, per introdurre un ‘tasso soglia di mora’, senza periziare in alcun modo la compatibilità della scelta adottata con il dettato che la legge pone alla rilevazione delle soglie d’usura.