Sull'onere di allegazione e deposito delle rilevazioni dei tassi soglia
Si riportano alcune riflessioni formulate dall'avv. Zanella (foro di Treviso) in un recente contenzioso, relativo all'onere di deposito (nei consueti termini perentori del processo civile) le rilevazioni trimestrali della soglia usura.
Si sta formando, nella giurisprudenza, un orientamento che descrive tali provvedimenti del ministero come "atti amministrativi" e, come tali, sottratti al principio di cui all'art. 113 c.p.c., sintetizzato nel brocardo "iura novit curia". Il tema è di assoluta rilevanza, poichè, se è vero che per il futuro ovviamente molti vorranno evitare anche solo il problema (e quindi i documenti verranno sempre depositati a sostegno della deduzione di nullità), vi sono molti giudizi in cui i termini per le allegazioni documentali sono scaduti e, quindi, si potrebbe giungere ad un rigetto della deduzione perchè mancherebbe il documento a sostegno.
L'avv. Zanella motiva il perchè ritiene la tesi insostenibile:
L’art. 644 c.p. espressamente dichiara che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”; l’art. 2 della legge 108/1996 gli “fa eco” precisando che “Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale”.
Già questa chiarissima deduzione pare dover indurre a ritenere che non ci si trovi di fronte a dei “meri atti amministrativi”, ma a veri e propri atti normativi, se pur, a tutto voler concedere, di rango secondario.
Del resto non sfuggirà che l’art. 2 ora citato NON indica la forma che la rilevazione dovrà assumere, laddove, invece, è l’art. 644 c.p. (che poi è l’art. 1 della legge 108/1996) ad espressamente prevedere che è la LEGGE che individua il tasso.
Ci si trova di fronte, quindi, ad una c.d. norma in bianco e l’atto amministrativo mediante il quale viene integrata la norma ne acquisisce la natura.
Altrimenti si giungerebbe all’assurdo per cui una norma, la cui violazione è punità con la nullità rilevabile d’ufficio, sia soggetta ad un onere probatorio sui presupposti GIURIDICI della sua applicazione.
In ogni caso, che i provvedimenti di organi amministrativi in materia di credito assumano la natura di atti normativi lo ricorda anche la Suprema Corte, allorquando ha precisato che “In materia di disciplina della forma dei contratti bancari, l'art. 3, comma 3, l. n. 154 del 1992 e, successivamente, l'art. 117, comma 2, t.u.b., nella parte in cui dispongono che il Cicr può prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, possono essere stipulati in forma diversa da quella scritta, attribuiscono a detto Comitato interministeriale il potere da questo conferito alla Banca d'Italia di emanare disposizioni che integrano la legge e, nei limiti dalla stessa consentiti, possono derogarvi e che, perciò, costituiscono norme di rango secondario, la cui legittimità non è esclusa dalla mancata indicazione delle motivate ragioni tecniche della deroga, dovendo l'onere della motivazione ritenersi adempiuto mediante l'indicazione del tipo di contratto e la precisazione che esso deve riferirsi ad operazioni e servizi già individuati e disciplinati in contratti stipulati per iscritto” (Cassazione civile, sez. I, 09/07/2005, n. 14470); in motivazione la Suprema corte chiarisce che “le norme emanate dal CICR (nel 1992 in via d'urgenza, in sua sostituzione, dal Ministro del Tesoro) e dalla Banca d'Italia completano ed integrano la norma di legge, in virtù di una facoltà espressamente prevista dalla legge stessa. Non si tratta pertanto di atti amministrativi illegittimi perché contra legem, ma di atti a contenuto ed efficacia normativi, emanati dal CICR e dall'Autorità di vigilanza nell'esercizio di un potere espressamente loro attribuito dal legislatore”.
Sempre su tale linea, è anche da ricordare che “i regolamenti si distinguono dagli altri atti e provvedimenti amministrativi a carattere generale in quanto sono espressione di una potestà normativa attribuita all'amministrazione con carattere secondario rispetto a quella legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolamentazione, attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa dell'ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano i caratteri della generalità ed astrattezza, con la conseguenza che ai regolamenti è applicabile il principio "iura novitcuria" e che le eventuali violazioni di norme regolamentari sono censurabili in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. (v. Cass. n. 6933 del 1999, RV528289, e, con riguardo alle conseguenze sul piano impugnatorio della natura regolamentare di una disposizione, Cass. n. 33 del 2003, RV559443)” (Cassazione civile, sez. lav., 03/08/2004, n. 14851).
Rimane che la Giurisprudenza specifica sul punto milita a favore della tesi che la determinazione del tasso sia, al più, oggetto di un ATTO NORMATIVO, anche se di rango secondario.
Giammai di un mero atto amministrativo.
Diverso è l’ipotesi della determinazione delle categorie di operazioni; l’art. 2 comma 2 espressamente discorre di “decreto” per descrivere il provvedimento con il quale si fissano le categorie dei crediti.
Si ritiene, quindi, che il tasso sia oggetto del principio di cui all’art. 113 c.p.c.
Materiale Correlato
- Tribunale di Busto Arsizio n. 780 del 20 Maggio2017. Novelli Stefania