sentenza

ABF Decisione n. 122 Collegio di Napoli del 15 Marzo2010

Ius variandi - art. 118 TUB - inapplicabilità art. 118 TUB al contratto di mutuo

L’art. 118 TUB non è applicabile al contratto di mutuo a tasso variabile perché una variazione delle condizioni economiche snaturerebbe il criterio di distribuzione del rischio contrattuale.

Nei contratti di mutuo a tasso variabile non può considerarsi sussistente ai sensi dell’art. 118, e nemmeno nella prospettiva espressamente codificata dal quarto comma, un potere dell’intermediario di modificare in corso di rapporto lo spread; di variare cioè quella che è la componente fissa che concorre, insieme al parametro variabile di riferimento, a determinare la misura complessiva dell’interesse dovuto dal cliente.

Riconoscere alla banca il potere di modificare unilateralmente lo spread equivarrebbe all’attribuzione di un potere il cui esercizio finirebbe per incidere su profili che attengono alla struttura stessa dell’operazione economica come voluta dalle parti, snaturando il  criterio di distribuzione del rischio contrattuale, che in operazioni di finanziamento  a tasso variabile implica che l’intermediario non possa completamente sottrarsi al rischio, accettato all’atto della stipula,  della riduzione del tasso: si esclude che una simile variazione possa considerarsi consentita, o comunque coperta, dall’art. 118 TUB.

 

Sempre alla medesima conclusione si perverrebbe anche se si ritenesse che una particolare congiuntura di mercato ed un’accentuata contrazione dei tassi possa giustificare, in via eccezionale, un esercizio dell’ius variandi anche riferito allo spread. Anche, infatti, se si volesse  accogliere l’idea che l’esercizio di un potere siffatto possa giustificarsi in presenza di circostanze non prevedibili, e quindi costituire uno strumento finalizzato alla conservazione di un contratto di cui altrimenti l’intermediario potrebbe chiedere la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta – e dunque giustificarsi  in una logica non dissimile da quella dell’art. 1467, ultimo comma c.c., ancorché con la significativa differenza che qui la  conservazione del contratto, riequilibrato nel suo contenuto, sarebbe consentita ad iniziativa della parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa – si dovrebbe, tuttavia, pur sempre riconoscere che l’esercizio di questo potere di variazione  deve essere mantenuto nei limiti della buona fede, e che comunque non può essere esercitato in maniera tale da sovvertire le caratteristiche del contratto, snaturando il  criterio di distribuzione del rischio contrattuale, che in operazioni di finanziamento  a tasso variabile implica che l’intermediario non possa completamente sottrarsi al rischio, accettato all’atto della stipula,  della riduzione del tasso.