sentenza

Cassazione Civile del 5 Maggio2006

Conto corrente -  contestazione e/c – termine 60 giorni – usi piazza – legge 154/92 –art. 117 TUB

Nel contratto di conto corrente, l'approvazione tacita dell'estratto conto, ai sensi dell'art.1832 c.c., non preclude la possibilità d'impugnare, anche decorsi i 60 giorni previsti per la contestazione deui dati contabili, la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivano gli accrediti e gli addebiti, e quindi delle clausole contrattuali che ne sono alla base.

Il riferimento, nella clausola di pattuizione degli interessi, ai cd. “usi piazza” è inefficace solo a partire dal 9 luglio 1992 (data di entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria n. 154/92).

Non può considerarsi determinata la pattuizione di un tasso che preveda una misura “almeno pari” al tasso di sconto, in quanto rende di fatto indeterminabile il tasso in questione. Si applica a questa fattispecie pertanto il meccanismo integrativo (tassi BOT) previsto dalla menzionata l. 154/92 e dall’art. 117 TUB, D.Lgs. 385/93.

 

L'approvazione tacita dell'estratto conto, ai sensi del citato art.1832 cc, non preclude la possibilità d'impugnare la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori da cui derivano gli accrediti e gli addebiti e, quindi, dei titoli contrattuali che sono alla loro base, i quali rimangono regolati dalle norme generali sui contratti (si vedano in tal senso, ex multis, Cass. n.10186 del 2001 e Cass. n.6736 del 1995).

La clausola che per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale faccia riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, anche se stipulata anteriormente all'entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n.154, è da ritenersi inoperante a partire dal 9 luglio 1992 (data di acquisto dell'efficacia delle disposizioni della citata legge qui rilevanti, ai sensi dell'art.11 della medesima), perché la previsione imperativa con la quale l'art.4 della legge (poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1993, n.385, art.117) sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se pur non incide sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, tuttavia impedisce che esse possano produrre per l'avvenire ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso.

Secondo Cass. n.5675 del 2001 (espressamente richiamata anche nella motivazione dell'impugnata sentenza), quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in detta convenzione oggettivamente indicati e richiamati, la clausola in questione conserverebbe pieno vigore e, nel caso di specie, la Corte d'appello ha appunto ritenuto che si vertesse in una di tali situazioni, stante il richiamo della clausola al tasso ufficiale di sconto.

Sennonché, da quanto riportato nella medesima sentenza impugnata, appare che tale richiamo non era formulato in modo da ancorare in modo stabile ed oggettivo la misura degli interessi pattuiti a quella del tasso ufficiale (maggiorato di cinque punti), ma era invece volto a stabilire che la misura di quegli interessi sarebbe stata "almeno pari" al tasso di sconto (come sopra maggiorato).

Il dubbio sull'incompatibilità della clausola in esame con la disposizione ora figurante nell'art.117, comma 6, del citato testo unico bancario non è rugato, non bastando certo ad escluderlo la mera previsione di un limite minimo al tasso di interessi pattuito.