sentenza

Cassazione, III sez. civile n. 12889 del 13 Maggio2021

La Cassazione si esprime in merito all'applicabilità della sanzione ex art. 117 VII comma alla fattispecie di errata indcazione del tasso leasing (indicato come nominale non effettivo), affrontando più in generale il tema delle conseguenze dell'opacità nell'indicazione del costo del finanziamento.

La sentenza 12889/21 della Gorgoni si occupa del tasso delle operazioni di leasing che – a norma dell’art. 117, 8° comma e delle prescrizioni della Banca d’Italia - non è il tasso ex art. 1284 c.c. ma il tasso leasing corrispondente al TIR (tasso interno di rendimento), cioè il tasso composto annuo che eguaglia il capitale finanziato ai pagamenti corrisposti nei distinti canoni, compreso il prezzo del riscatto. [1]

La Cassazione ritiene indiscutibile la differenza fra TAN e TIR, non tenendo conto il primo della rateizzazione infrannuale. Di riflesso, viene ad esaminare la portata giuridica dell’erronea indicazione del TAN in luogo del TIR, che, eventualmente, giustifichi la sanzione prevista al comma 4° dell’art. 117 TUB e quindi l’applicazione del comma 7°; al riguardo, rileva più soluzioni interpretative, individuate al par. 5.4, che, tuttavia, non giustificano, tutte, l’applicazione del comma 7° dell’art. 117 TUB.

In particolare, in una ipotesi interpretativa non risulta violare il comma 4°, ‘presentando gli estremi di una violazione incorsa nella fase di esecuzione del contratto’, mentre in una diversa ipotesi interpretativa configurerebbe, non la mancata indicazione del tasso leasing ma, nella restituzione infrannuale, un’opacità dell’operazione, non in grado di mettere l’utilizzatore nella condizione di conoscere l’effettivo costo dell’operazione.

La sentenza, rilevando la declinabilità della trasparenza in senso economico, disposta dalla Corte di Giustizia del 21 dicembre 2016, ne fa seguire il sindacato sulla idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, richiamando autorevole dottrina che ritiene la trasparenza economica rinserrata nel perimetro tassativo dei vizi del consenso.

Muovendo da tale assunto la sentenza ritiene che sia equiparata alla mancata pattuizione del tasso leasing anche l’ipotesi ’in cui il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso o indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’. Nella circostanza risulta chiaramente evocata la violazione dell’art. 1195 c.c. (imputazione a sorpresa).

Questa ipotesi, equiparata alla mancata pattuizione, risulta del tutto corrispondente all’ipotesi per la quale la pronuncia ha precedentemente rilevato che: ‘L’utilizzatore avrebbe infatti formato la propria volontà sul tasso indicato in contratto, ma non sarebbe stato oggetto di accordo che le rate fossero da determinare secondo un metodo il cui risultato è quello di aumentare l’importo degli interessi e quindi di far emergere un tasso annuo effettivo superiore a quello risultante dalle clausole contrattuali’.

I menzionati principi avanzati dalla Cassazione, se per il tasso dell’operazione di leasing pongono qualche incertezza collegata alla formulazione del contratto - quando vengono riferiti più in generale, oltre al tasso, all’importo della rata/canone costante (o variabile negli interessi) di un piano di pagamenti per il quale risulta omesso il regime finanziario ed il criterio di imputazione - sono suscettibili di condurre ‘de plano’ all’applicazione dell’art. 117 TUB, 7° comma, con impiego del regime semplice a seguito della violazione dell’art. 1195 c.c.  

In tali ammortamenti, infatti, ricorrono congiuntamente le seguenti circostanze richiamate dalla Cassazione: i) ‘un tasso solo nominale che non tiene conto del tipo di rateizzazione’ (par. 5.3); ii) ‘un difetto della trasformazione ed equiparazione in equivalenza finanziaria’ del tasso concretamente impiegato nell’operazione (par. 5.4), che risulterebbe essere il regime composto non indicato in contratto e, quindi, ‘una rilevata differenza tra il tasso convenuto e quello applicato’, in quanto a quest’ultimo non corrisponde il monte interessi del regime semplice, espresso in ragione proporzionale dall’art. 1284 c.c.; iii) un’opacità di trasparenza del costo, declinabile in senso economico, in quanto non lascia intuire il maggior costo del contratto; ed infine: iv) il tasso indicato in contratto porta ad un ammontare del costo variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento e il prezzo dell’operazione risulta sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’.



[1] La criticità è riconducibile ad una ‘forzatura interpretativa’ che Assilea ha dato delle disposizioni di trasparenza. Nel riportare il disposto della Banca d’Italia: ‘Per i contratti di leasing finanziario, in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti’, Assilea ha ulteriormente aggiunto: ‘Il tasso di attualizzazione é calcolato come tasso periodale espresso in termini di Tasso Nominale Annuo, sviluppato con la stessa periodicità dei canoni sulla base di un anno standard di 365 gg. composto di periodi (mesi, bimestri, trimestri o semestri) tutti eguali fra di loro’. La Banca d’Italia, in termini poco trasparenti, parla di tasso interno di attualizzazione, omettendo la qualifica ‘annuale’, ma risulta del tutto assodato il riferimento al tasso impiegato in matematica finanziaria nella qualifica di TIR, come riconosciuto dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino e nel riesame della Cassazione. Mentre il TIR si sviluppa sulla base del ‘tasso annuo’, Assilea fa riferimento al tasso periodale ottenuto proporzionalmente da un fantomatico Tasso Nominale annuo, conseguendo in tal modo un canone più alto, senza l’indicazione esplicita dell’effettivo tasso leasing.  Frequentemente le società di leasing, dichiarano in contratto il tasso leasing corrispondente al menzionato Tasso Nominale Annuo, per poi frazionarlo proporzionalmente (TAN12 = TAN/12 per il canone mensile, TAN12 = TAN/4 per il canone trimestrale, ecc.), quando, invece, il TIR (Tasso Interno di Rendimento), nel frazionamento infrannuale assume valori più bassi, coerenti con la natura composta del tasso (TAN12 = (1+TAN)1/12-1) per il canone mensile).

 

Giudice Gorgoni Marilena