Corte d'Appello di Milano Sez. I Civile del 22 Maggio2012
Conto corrente – anatocismo – capitalizzazione semplice – Delibera CICR 9/02/00 - necessità sottoscrizione per rapporti già in essere
Secondo quanto stabilito con la sentenza n. 21095 del 4/11/04, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha statuito la violazione del divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c. in merito alla clausola contrattuale di capitalizzazione infrannuale degli interessi, in quanto prassi negoziale non poteva di per sé conferire natura ed interpretazione normativa.
Per i rapporti già in essere all’entrata in vigore della Delibera CICR 9/02/00, l’introduzione della pari periodicità trimestrale di addebito e accredito delle competenze costituisce variazione peggiorativa per il correntista e pertanto richiede, a norma della menzionata Delibera, la sottoscrizione della clausola, pena la nullità della stessa.
Secondo quanto pronunciato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 24418 del 2010, in presenza di dichiarazione di nullità della clausola negoziale della capitalizzazione infrannuale degli interessi, si deve procedere al calcolo degli interessi a carico del correntista senza applicazione di alcuna capitalizzazione.
E’ di tutta evidenza come non possa affatto considerarsi “argomento convincente” quello secondo cui “la giurisprudenza di legittimità, che ha sostanzialmente declassato gli usi bancari in materia di anatocismo da usi normativi ad usi negoziali, è giurisprudenza di carattere innovativo che non può essere estesa ai rapporti precedenti ed esauritisi” (così si esprime la sentenza qui impugnata). Ed invero, la sopra citata sentenza delle Sezioni Unite (n. 21095, 4/11/04) non ha affatto “sostanzialmente declassato gli usi bancari in materia di anatocismo da usi normativi ad usi negoziali”, ma ha, al contrario, affermato che la prassi di inserimento nei contratti bancari delle pattuizioni anatocistiche deve essere ricondotta ad indio ad uso negoziale e non normativo” e “per tal profilo in contrasto dunque con il precetto dell’art. 1283 c.c.”.
Con riferimento ai rapporti sorti anteriormente alla entrata in vigore della predetta Delibera CICR 9 febbraio 200, l’art. 7 del medesimo provvedimento dispone che: “Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30/06/00 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1 luglio. Qualora le nuove condizioni non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30/06/00, possono provvedere all’adeguamento in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e, comunque, entro il 30/12/00. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”. Pertanto, mentre per i contratti di conto corrente bancario stipulati successivamente al 9/02/00 la Del. CICR 9 febbraio 2000 stabilisce che le “clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto”, per i contratti in corso all’entrata in vigore della predetta Delibera il sopra citato art. 7 prevede che l’adeguamento debba essere esplicitamente approvato dalla clientela solo nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate. (…) Ne deriva che, per i contratti in essere alla data di entrata in vigore della più volte citata Del. CICR 9/02/00, la modifica delle condizioni contrattuali introdotta dalla Banca conformemente all’art. 7 della predetta delibera, in mancanza di approvazione scritta del cliente, risulta priva di qualsivoglia effetto obbligatorio.
Appare più che giustificato aderire a quella giurisprudenza di merito che sostiene come la nullità - per violazione della norma imperativa ex art. 1283 c.c. della clausola di capitalizzazione degli interessi attivi per la banca contenuta in un contratto bancario stipulato anteriormente al 22.4.2000 (data di entrata in vigore della Del. CICR 9 febbraio 2000 che, in forza della previsione dell'art. 120, 2 e, T.U. bancario, stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi) - determina l'esclusione di ogni forma di capitalizzazione, anche annuale, degli interessi dovuti dal cliente, giacché vi è totale assenza normativa di un meccanismo di sostituzione della clausole contrattuali che consenta l'applicazione di forme di capitalizzazione diversa da quella trimestrale.
Azione di ripetizione – onere della prova – richiesta produzione contratto ex art. 119 TUB - mancata produzione del contratto da parte banca - assenza di difetto dell’onere probatorio a carico dell’attore – legittimità azione di ripetizione
Nella circostanza in cui, ai fini dell’azione di ripetizione di indebito, sia effettuata da parte attorea richiesta ex art. 119 T.U.B. della produzione del contratto di conto corrente ma non sia esaudita tale allegazione dall’istituto di credito, non sussiste il difetto dell’onere probatorio a carico del correntista, legittimandone quindi l’azione di ripetizione stessa.
Per quanto attiene alla mancata produzione, nel corso del giudizio di primo grado, del contratto relativo all’apertura del predetto conto corrente si rileva che (…), prima dell’instaurazione del giudizio di primo grado, ne aveva invano richiesto copia alla Banca. Da tale circostanza conseguono l’infondatezza e l’erroneità dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’attuale appellante non si sarebbe avvalsa tempestivamente della facoltà ad essa riconosciuta dal disposto dell’art. 119, comma 4, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385. La mancata produzione in giudizio del contratto di conto corrente bancario non può, invero, essere addebitata alla società attuale appellante. Né, al riguardo, può essere condivisa l’affermazione, che parrebbe leggersi nella sentenza impugnata, secondo la quale l’Istituto di credito allora convenuto non sarebbe stato tenuto alla conservazione del contratto di conto corrente bancario de quo in quanto stipulato in una data che “supera il limite temporale di obbliga della tenuta delle scritture” (art. 2220 c.c.). (…) Infatti, il contratto di conto corrente bancario, per sua stessa natura, costituisce la fonte della disciplina dei rapporti obbligatori fra le parti e, come tale, non può essere distrutto decorso il termine dei dieci anni dalla sua sottoscrizione, qualora i diritti da esso nascenti non si siano prescritti, come non lo sono nel caso di specie.
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