Ordinanza Tribunale di Cremona del 9 Gennaio2015
Mutuo – Usura – Tasso di mora – No sommatoria tassi – Maggiorazione del 2,1% – art.1815 c.c. si applica ai soli interessi di mora
Gli interessi di mora non remunerando il finanziamento non devono essere inclusi nel calcolo del TEG da confrontare con la soglia prevista per i mutui.
Tali interessi di mora sono soggetti ad autonoma verifica, dovendosi calcolare la loro incidenza sulla singola rata impagata: a tal fine il TEG risultante dall’applicazione della mora alla rata deve essere confrontato con la soglia maggiorata del 2,1% rilevato in un’indagine campionaria dalla Banca d’Italia (rilevazione 2002).
L’eventuale superamento della soglia così determinata implica la non debenza dei soli interessi di mora e non tocca gli interessi corrispettivi
Deve premettersi che l’insegnamento di Cass. 350/2013 presenta non poche criticità, già evidenziate da attenta dottrina.
In contrasto con quanto osservato dalla Suprema Corte (“l’eccessiva disinvoltura” della cui motivazione è stata sottolineata dall’ABF di Napoli, Collegio di Coordinamento, 2666/2014), che limita la propria analisi all’art. 644 c.p. co V e all’art. 1 D.L. 394/2000, che vi è anche l’art. 644 co 1 c.p., secondo il quale oneri che entrano nel calcolo dell’usura sono quelli che costituiscono un corrispettivo della dazione di denaro o di altra utilità.
Se è così, deve rilevarsi che in nessun caso gli interessi di mora possono considerarsi un corrispettivo del mutuo, non costituendo un costo economico del finanziamento, non per niente essendo destinati per lo più a rimanere dormienti e inapplicati, in caso di svolgimento fisiologico del rapporto.
Gli interessi di mora costituiscono infatti una forma di liquidazione preventiva dei danni cagionati all’istituto di credito dall’eventuale inadempimento del mutuatario, e hanno perciò natura di clausola penale soggetta non già alla disciplina dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. co.2, bensì a quella dell’art. 1384 c.c.
Non si comprende come possa conciliarsi l’idea che il tasso di mora contrattuale entri nel calcolo dell’usura, per la quale sono previste determinate soglie, a seconda della categoria di operazione, quando il legislatore del D.L 132/2014 e ha avvallato la pattuizione in misura superiore a quelle soglie.
(O il legislatore è usurario), o contrariamente a Cass. 350/2013, i tassi di mora non entrano nel calcolo dell’usura, non costituendo un corrispettivo della dazione di denaro o altra nullità, oppure ancora vi entrano, ma è evidente che il tasso di riferimento per la verifica dell’usura non è e non può essere quello costituito da quello ricavato dal TEGM.
Appare oramai chiaro come si possano a tal fine semplicemente sommare algebricamente interessi corrispettivi e di mora, essendo prevalso l’orientamento che vuole che si vada a calcolare il concreto onere economico che dall’applicazione degli oneri di mora, deriva al mutuatario.
E’ noto che le rilevazioni trimestrali dei tassi effettivi globali medi da parte della Banca d’Italia non hanno mai tenuto conto degli interessi di mora.
Dalla mancata inclusione degli interessi di mora nel TEGM consegue però che, come rileva la Banca d’Italia, in una nota di chiarimento del 3.7.3013 (emessa quindi all’indomani della sentenza Cass. 350/2013), seppure gli interessi di mora siano assoggettati alla legge antiusura, per evitare il confronto tra grandezze disomogenee, occorre procedere ad un nuovo calcolo, tenuto conto che i decreti trimestrali riportano i risultati di un’indagine statistica (del 2002) per cui la maggiorazione mediamente stabilita per i casi di ritardato pagamento è del 2,1%.
La verità è che costituendo interessi di mora e interessi corrispettivi grandezze del tutto disomogenee, ognuno di essi va rapportato a quello che è il suo naturale punto di riferimento: gli interessi corrispettivi al finanziamento erogato; gli interessi di mora all’inadempimento. Da questo punto di vista la rata impagata perde la sua scomposizione in quota capitale e quota interessi, per divenire solo e semplicemente la prescrizione inadempiuta ex art. 1218 c.c., sulla quale vanno calcolati gli interessi di mora ex art. 1224 c.c., e l’importo così determinato, sommando agli ulteriori importi pretesi dalla banca e collegati all’inadempimento.
Tale onere va poi confrontato con il tasso soglia, comprensivo del rilievo a fini statistici dell’usura effettuato dalla Banca d’Italia.
Se la verifica dell’usurarietà del tasso di mora va effettuata con riferimento non al finanziamento, ma alla singola rata, complessivamente considerata, è evidente che l’art. 1815 co. 2 c.c. dovrà a sua volta applicarsi non all’intero finanziamento, ma alla singola rata, nel senso che, - in caso di usurarietà – non saranno dovuti gli interessi di mora e gli altri oneri di inadempimento, ma rimarrà dovuto l’importo complessivo della rata, comprensivo di capitale e interessi.
Si annullano cioè solo ed esclusivamente gli oneri che entrano nel calcolo del TEGM e del TAEG specificamente riferiti agli oneri di mora.
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