Tribunale di Ancona n. 336 del 18 Novembre2014
Decreto ingiuntivo – onere della prova in capo alla Banca - saldo zero
L’onere della prova spetta all’attore: in caso di Decreto Ingiuntivo promosso dalla Bamca si giustifica l’applicazione del cd. “saldo zero” in caso di mancata produzione integrale degli estratti conto.
La Suprema Corte di Cassazione con le pronunce n. 23974 del 2010 e 1842 del 2011 ha giustamente rilevato che: "La banca ricorrente confonde l'onere di conservazione della documentazione contabile con l’onere della prova del credito. II fatto di non essere tenuta a conservare le scritture contabili oltre i dieci anni dalla loro ultima registrazione non esonera la parte che vi e tenuta dall'onere di provare il proprio credito". Fermo restando ciò, è orientamento condiviso che quando agisca in giudizio la banca, la carenza di produzione degli estratti conto periodici giustifichi l'applicazione del "saldo zero" a suo carico per effetto del mancato rispetto dell'onere della prova su di questa gravante.
Azione di ripetizione – onere della prova in capo alla Banca – saldo zero – principio di prossimità della prova
Anche in un’azione di ripetizione promossa dal correntista, l’onere della prova relativamente al saldo contestato è in capo alla Banca, per il principio di prossimità della prova. Si rende pertanto applicabile il saldo zero, qualora la Banca, anche se non ha operato domanda riconvenzionale, non produca tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto.
E’ orientamento condiviso che quando agisca in giudizio la banca, la carenza di produzione degli estratti conto periodici giustifichi l'applicazione del "saldo zero" a suo carico per effetto del mancato rispetto dell'onere della prova su di questa gravante. Deve ritenersi che tale strumento sia, parimenti, applicabile quando agisca il correntista, facendo riferimento al principio di vicinanza alla fonte della prova: "Nondimeno, la regola generale dell'art. 2697 c.c. deve essere adeguatamente temperata avendo riguardo al principio della vicinanza alla fonte della prova; principio che le Sezioni Unite, n. 13533, del 2001, hanno elevato a criterio principe nella ripetizione dell’onere stesso. Orbene quando l’azione esperita sia un'azione di accertamento negativo del debito del correntista, fondata sulla illiceità degli addebiti operati dalla controparte in relazione al rapporto inter partes, elementi costitutivi dell'azione devono considerarsi le dedotte nullità nonché la misura in cui le stesse hanno, eventualmente inciso sulle reciproche ragioni di dare e avere, e, dunque, l'inesistenza in tutto o in parte della pretesa creditoria. (...) E, quindi - in conformità al principio dell'abituale scissione fra allegazione del fatto e sua prova che costituisce logico corollario dell'applicazione del principio d'inveterata vigenza per cui negativa non sunt probanda - il 'debitore' può limitarsi ad allegare l'inesistenza del credito, dovendo per contro la banca convenuta fornire la prova dell'esistenza della pretesa creditoria vantata ed, eventualmente, già azionata nei riguardi del primo. Tale principio, rispondente ad un principio di razionalità logica, ovviamente, e valevole per qualunque ipotesi in cui sia dedotta in giudizio l'esistenza di un credito o di una posizione giuridica attiva, anche di carattere reale, e se ne imponga l'accertamento negativo. (...) l'assenza di un obbligo di conservazione consente di escludere che dall'omessa conservazione si possano trarre conseguenze di tipo 'sanzionatorio' per la banca ovvero che si possano trarre elementi di prova ai fini del giudizio di fondatezza della pretesa attorea, ma non anche di ritenere sempre e comunque provata la debenza di una determinata somma, nonché la sua liceità. (...) Ne consegue che non risponde ad un principio razionale e condivisibile provvedere all'azzeramento del saldo negativo solo quando sia la banca ad agire al fine di far valere un credito come nell'ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, richiesto dalla banca in cui la stessa acquista il ruolo di attore sostanziale, o nell'ipotesi - qual è quella di specie – di proposizione di domanda riconvenzionale di accertamento del credito, proposta nell'ambito del giudizio di ripetizione del correntista; per contro muovendo nel conteggio, di un saldo negativo quando sia solo l'attore a proporre domande nei confronti della banca." (Tribunale di Brindisi, 9/8/12).
Delibera CICR 9 febbraio 2000
Nella parte relativa all'adeguamento delle clausole anatocistiche stipulate anteriormente all'entrata in vigore della delibera CICR, è stata ripresa dall'art. 7 della delibera medesima che ha disposto che "le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alia data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1 luglio. Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alia clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela". La delibera dunque, prevede un iter procedimentale che gli Istituti di credito devono seguire per adeguare le "vecchie" clausole anatocistiche ai principi espressi dalla medesima delibera e prima ancora dall'art. 120 TUB e che prescinde, in ipotesi di condizioni non meno favorevoli per la clientela, dalla stipulazione di un nuovo accordo corrispondente ai principi di cui al comma II dell'art. 120 TUB.
Prescrizione – onere della prova della natura ripristinatoria delle rimesse in capo al correntista – eccezione di prescrizione generica
Sulla parte che eccepisce la prescrizione grava esclusivamente l'onere di rappresentare la volontà di proporre tale eccezione mentre costituisce onere della parte che fa valere il diritto dimostrare la natura non solutoria delle diverse rimesse ovvero che il diritto non si è prescritto per altre ragioni. Ciò perché l’elemento costitutivo dell’eccezione è l’inerzia del titolare (correntista), mentre la determinazione della durata di detta inerzia è una questione giuridica rimessa al giudice (Cass. 1752/10).
Secondo il condivisibile insegnamento della Suprema Corte di Cassazione (cfr: sent. It. 21752 del 2010), "in tema di prescrizione estintiva, l'elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell'effetto ad essa ricollegato dall'ordinamento, mentre la determinazione della durata della predetta inerzia, al pari delle norme che la disciplinano, rappresenta una mera "quaestio juris": in altra pronuncia e stato chiarito che "l'eccezione di prescrizione e validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l'inerzia del titolare, a nulla rilevando che chi la invochi abbia erroneamente individuato il termine applicabile, ovvero il momento iniziale o finale di esso: queste ultime infatti sono questioni di diritto, sulle quali il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte". (Conformemente alle pronunce citate si veda Cass., Sezioni Unite, sent. n. 10955 del 2002).
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