Tribunale di Cremona n. 161 del 2 Marzo2016
Per i rapporti accesi prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR 9/02/2000, è illegittima l’applicazione della capitalizzazione trimestrale operata dalla Banca sugli interessi a debito del correntista, in quanto tali clausole risultano in violazione dell’art. 1283 c.c., perché si basano su un uso negoziale anziché normativo.
La mancata produzione in giudizio della comunicazione in G.U. dell’avvenuta modifica della clausola è sufficiente a rendere illegittima la capitalizzazione anche per il periodo successivo all’entrata in vigore della Delibera CICR 9/02/2000
Con riguardo alle modalità dell’adeguamento in seguito alla delibera CICR si sono formate due opinioni. Un primo orientamento ritiene che non v’è la possibilità per la banca di modificare unilateralmente l’assetto negoziale e di imporre quindi, in mancanza di un accordo per iscritto, il nuovo assetto paritario nel conteggio degli interessi, per il periodo successivo alla entrata in vigore della delibera CICR (che all’art. 7 ha imposto l’adeguamento dei contratti al nuovo regime entro il 30 giugno 2000). Ciò si tradurrebbe, non in una modifica delle condizioni contrattuali (consentita dall’art. 118 T.U. ove preventivamente concordata), bensì in una illegittima sanatoria, in via unilaterale, di una clausola nulla, convertita per iniziativa di una sola parte in una clausola valida.
Secondo altro orientamento, invece, deve ritenersi ammissibile l’adeguamento (entro il 30 giugno 2000) sol che la banca dimostri di aver ottemperato agli obblighi concernenti la pubblicazione sulla G.U. delle modifiche delle condizioni contrattuali necessarie per adeguarsi alla normativa sopravvenuta e di aver informato per iscritto il cliente circa l’assolvimento di tale formalità, senza necessità di rinegoziazione del contratto stesso, richiesta soltanto in ipotesi di condizioni “meno favorevoli” per il cliente laddove invece la previsione della capitalizzazione trimestrale anche a favore del cliente integrerebbe, nell’ottica complessiva del contratto, una condizione più favorevole al cliente stesso.
Nella specie, peraltro, non è necessario entrare nel merito di quale interpretazione sia preferibile, posto che è assorbente il rilievo secondo cui la banca comunque non ha neppure dimostrato di avere provveduto alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle condizioni modificate.
Ove contestata dalla Banca la prescrizione dell’azione di ripetizione delle somme ritenute indebite dal correntista, sarà onere della Banca dar prova dell’esistenza di eventuali rimesse solutorie, indicandole specificatamente.
E’ onere della Banca, nello specifico, provare l’eventuale extrafido, per il principio di prossimità della prova.
Al riguardo va anche considerato che l'effetto che la banca intende ottenere con l'eccezione di prescrizione, ossia che le rimesse sul conto corrente considerabili “pagamenti” siano escluse dal ricalcolo della pretesa azionata in via monitoria, comporta che spetta alla convenuta opposta dimostrare l'eventuale sconfinamento dal fido e indicare quali versamenti abbiano avuto funzione solutoria (cfr, ex multis, Appello Torino n. 322/2012; Appello Milano n. 1796/2012; Tribunale Novara n. 650/2012; Tribunale Taranto n. 1418/2012), poiché in mancanza l'annullamento delle poste illegittime determina automaticamente la diminuzione del saldo passivo e quindi il rientro nel fido in caso di ipotetico sconfinamento.
Non può viceversa pretendersi che sia il correntista a fornire la prova di avere diritto a considerare nel ricalcolo anche dette poste, non soltanto per la ragione testé illustrata, ma anche perché quella di prescrizione è un'eccezione in senso proprio, per cui alla parte spetta l'obbligo di specificare i fatti che ne costituiscono il fondamento, ivi compresa la data di inizio del decorso del termine prescrizionale (cfr. Cass. n. 3578/2004 e Cass. n. 4468/2004).
“Del resto, l'impostazione che impone alla banca di comprovare lo sconfinamento e i pagamenti asseritamente prescritti è coerente con il principio di vicinanza della prova (indicante un particolare rapporto di facilità di accesso e recupero tra un soggetto e la prova)…”
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