Tribunale di Padova n. 2000 del 26 Luglio2012
Conto corrente– Delibera CICR 9/02/00 – necessità sottoscrizione clausola anatocistica per rapporti sorti prima della Delibera CICR – CMS – nullità per indeterminatezza – Usura – Inclusione CMS nel TEG – No validità Istruzioni Banca d’Italia – riconduzione a soglia se usura sopravvenuta – art. 1815 c.c. – annullamento competenze se usura per effetto di ius variandi esercitato dalla Banca
L’anatocismo trimestrale spetta alla Banca solo per i contratti stipulati dopo il 21/04/00 (entrata in vigore della Delibera CIRC 9/02/00), sempreché sussista una specifica pattuizione tra le parti, o anche per quelli stipulati prima ove però sia stato raggiunto un nuovo accordo con il cliente: rispetto alla nullità della clausola anatocistica non può operare alcun meccanismo di variazione unilaterale.
Per quanto concerne la CMS, la cui natura risulta oggetto di dibattito in dottrina e giurisprudenza, la clausola che ne pattuisce l’applicazione deve avere il requisito della determinatezza: non è sufficiente la mera indicazione di un’aliquota percentuale accompagnata dalla dizione “commissione di massimo scoperto”.
La CMS deve essere ricompresa nella verifica dell’usura, stante il chiaro dettato dell’art. 644 c.p. e la pronuncia della Cass. 12028/10. Non rilevano le indicazioni discordanti delle Istruzioni della Banca d’Italia, che fissano i principi per la rilevazione del tasso medio e non del tasso per la verifica dell’usura.
In caso di superamento della soglia in un trimestre, è necessario operare la riconduzione a soglia (usura sopravvenuta), a meno che il superamento non dipenda dalla variazione delle condizioni operata unilateralmente dalla Banca (ius variandi), caso in cui si applica la sanzione della non debenza prevista dall’art. 1815 c.c.
Laddove la ricognizione negativa ad opera della Corte di Cassazione, cioè la statuizione di inesistenza di un uso normativo bancario idoneo a derogare all’art. 1283 c.c., comporta inevitabilmente la nullità della relativa clausola contenuta nelle condizioni generali predisposte dalla banca (…) E’ evidente che rispetto ad una clausola nulla non può operare alcun meccanismo di variazione, tantomeno semplificato, ad iniziativa di una sola delle parti. In mancanza di qualsiasi pattuizione pertanto nessuna capitalizzazione degli interessi può ritenersi dovuta da parte attrice.
Fondata è altresì la domanda di accertamento di nullità, ex artt. 1346 e 1418 c.c., della clausola dei contratti di conto corrente in oggetto relativa alla commissione di massimo scoperto. Ed invero il contratto di conto corrente stipulati il 16.2.2001 prevedono esclusivamente: “CMS 1,5”. Tale clausole sono nulle per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 1346 c.c.
Infatti le stesse non chiariscono affatto come tale commissione venga calcolata non precisando “in primis” cosa debba intendersi per massimo scoperto, se cioè il debito massimo che il conto raggiunge, anche in uno solo giorno, in assenza o oltre il fido concesso, o, invece, quello che si prolunga per un certo periodo di tempo, o se vada calcolato sul complesso degli utilizzi effettuati dal correntista entro l’affidamento.
Fondata è la domanda relativa all’illegittimo “gioco” delle valute in mancanza anche sul punto di qualsiasi preventiva regolamentazione tra le parti.
Del tutto correttamente il CTU, nell’individuazione del TEG, ha tenuto conto anche delle commissioni di massimo scoperto, così come di tutte le remunerazioni e spese all’erogazione del credito ad esclusione delle imposte e tasse.
Non può infatti avere rilevanza in contrario che la CMS non venisse computata nella determinazione del tasso effettivo globale medio (TEGM).
Ed infatti l’art. 2 della Legge 108/96 non ha attribuito il potere di determinazione del tasso soglia anti usura della Banca d’Italia, essendosi limitata a stabilire che il Ministero del Tesoro, sentita la Banca d’Italia, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio di interessi praticato dalle banche.
Pertanto il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e le Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia fissano rispettivamente i tassi globali medi e le istruzioni di determinazione di questi tassi, ma non determinano il tasso soglia usurario.
Questo tasso infatti corrisponde ex art. 2 legge 108/96 al tasso medio risultante dall’ultima rilevazione aumentato della metà.
Nella suddetta metà deve essere considerato anche l’importo derivante dall’applicazione della commissione di massimo scoperto atteso che l’art. 644 c.p. comma 5, impone di tener conto delle commissioni, delle remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, collegate all’erogazione del credito.
Significativa sul punto è la sentenza della Corte di Cassazione, II sezione penale, n. 12028/2010.
Ha affermato che il chiaro tenore del comma V dell’art. 644 c.p. “impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri, tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto.
In caso di superamento nel corso del rapporto del tasso sogli anti usura, il tasso pattuito dalle parti debba ritenersi inefficace nei limiti di tale superamento (c.d. inefficacia parziale).
Ciò a condizione che l’illegittimità della pretesa creditoria che si fonda su un tasso superiore a quelle soglia sia sollevata in giudizio dalla parte interessata.
Nel caso in cui invece il tasso applicato venga a superare il tasso soglia in seguito a modificazioni unilaterali della banca o anche a pattuizioni concluse successivamente all’entrata in vigore della legge 108/96 la sanzione non potrà essere quella del comma 2 art. 1815 c.c., con la conseguenza che nessun interesse sarà dovuto.
Diversamente opinando non solo la norma si presterebbe a facili elusioni – basterebbe pattuire un tasso non usurario e il giorno dopo modificarlo – ma si finirebbe per premiare e trattare diversamente modifiche unilaterali ugualmente contrastanti con il dettato normativo.
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