sentenza

Tribunale di Pescara n. 5259 del 24 Giugno2013

Prescrizione – Cassazione 24418/10

 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24418 del 2010, per la quale il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente a titolo di interessi, in ipotesi di apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario, sicché solo con la chiusura del conto si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti tra loro. Non può, pertanto, ipotizzarsi, anteriormente, il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione a meno che non sia intervenuto un atto giuridico, finale come pagamento, che l'attore pretende essere indebito, perché prima di quello non è configurabile alcun diritto di ripetizione; in particolare: "Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire "scoperto') cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento. Non è così, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere" (così S.U. n. 24418/2010).

Prescrizione – Eccezione specifica

L’eccezione di prescrizione della Banca deve fornire oneri probatori diretti a dimostrare dimostrare che i relativi versamenti siano da considerare solutori, circostanza che deve essere eccepita e provata dalla banca convenuta in giudizio. In assenza di indicazioni specifiche deve essere rigettata in quanto generica.

La giurisprudenza di merito, in materia di apertura di credito, ha quindi affermato che l'istituto bancario, al fine di eccepire l'intervenuta prescrizione dell'azione di indebito, ha l'onere di fornire elementi probatori diretti a dimostrare che i relativi versamenti siano da considerare solutori, circostanza che deve essere eccepita e provata dalla banca convenuta in giudizio (Tribunale di Taranto, 28 giugno 2012; cfr. altresì Tribunale di Campobasso, 22.04.2012 e Tribunale di Novara, 01.10.2012 per il quale è onere della banca, che eccepisce l'intervenuta prescrizione dell'azione di ripetizione di indebiti versamenti in conto, dimostrare che tali versamenti siano intervenuti extrafido).

Valute – ricalcolo secondo data operazione se non pattuite

La mancata regolamentazione pattizia del calcolo delle valute comporta che nel rapporto dare avere operante tra le parti si debba tenere conto solo della valuta effettiva - che fa riferimento alla data del giorno in cui la banca acquista o perde la disponibilità giuridica delle somme versate o prelevate — e non di quella fittizia — che risulta dall'aggiunta o dalla sottrazione di un certo numero di giorni alla valuta effettiva.

CMS – validità della causa – determinatezza della modalità di calcolo

Le CMS devono considerarsi valide sia qualora siano conteggiate sull’importo del fido sia qualora siano conteggiate sul massimo utilizzo, potendo risultare sia una remunerazione della messa a disposizione fondi sia un’integrazione degli interessi.

La dizione “commissione di massimo scoperto trimestrale” è sufficiente per individuare la modalità di computo (periodicità e base di calcolo) della commissione stessa.

Va quindi ritenuta la validità delle CMS sia qualora siano conteggiate sull'intera somma messa a disposizione da parte della banca, sia qualora siano calcolate sull'ammontare massimo dello scoperto concretamente utilizzato.

L’altro profilo di legittimità delle CMS attiene alle modalità della sua pattuizione, in termini di determinatezza o determinabilità, ai sensi dell’art. 1346 c.c.. La contestazione risulta smentita dalla documentazione in atti, dalla quale emerge espressamente la pattuizione di “commissioni di massimo scoperto trimestrali”, e pertanto la previsione di una commissione applicata trimestralmente sul massimo scoperto evidenziato dal conto.

Non accoglibilità dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.

L’ordine di esibizione di documenti previsto dall’art. 210 c.p.c. deve, in ogni caso, riguardare documenti che siano specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza e che risultino indispensabili al fine della prova dei fatti controversi; non può quindi in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante (Cass. n. 10043/2004)

 

L’ordine di esibizione di documenti previsto dall’art. 210 c.p.c. deve, in ogni caso, riguardare documenti che siano specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza e che risultino indispensabili al fine della prova dei fatti controversi; non può quindi in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante (Cass. n. 10043/2004), trattandosi di strumento istruttorio residuale utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile “aliunde”, e l’iniziativa non presenti finalità esplorative, ravvisabili allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e del suo contenuto per verificarne la rilevanza nel giudizio (Cass. n. 23120/2010) L’ordine di esibizione può quindi essere impartito ad una delle parti del processo con esclusivo riguardo ad atti “la cui acquisizione al processo sia necessaria” ovvero “concernenti la controversia”, e, quindi, ai soli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa (Cass. n. 13072/2003).

Giudice Chiara Serafini