Tribunale di Roma n. 1981 del 29 Gennaio2020
Si legge nella sentenza:
"Parte attrice denuncia, inoltre, l'illegittima applicazione delle commissioni di massimo scoperto da giugno 2005 a giugno 2009 in quanto indeterminate e indeterminabili, non essendo indicato su quale importo fossero da calcolare, con quale periodicità e quale fosse il criterio di calcolo.
Quanto alla legittimità in astratto della commissione di massimo scoperto (dunque anche in riferimento al periodo precedente l'emanazione della L. 2/2009), va precisato quanto segue. La commissione di massimo scoperto - definita nella tecnica bancaria come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto, di norma applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni e calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento - pur non costituendo un interesse in senso tecnico, bensì una commissione, vale a dire un onere posto in relazione allo "scoperto di conto corrente", trova giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione del cliente risorse liquide. Pertanto, l'autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall'art. 1322 c.c. consente alle stesse di convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare un onere effettivamente gravante sulla banca e quindi sia meritevole di tutela giuridica. Tale ricostruzione è stata avallata anche dalla giurisprudenza di legittimità che ha qualificato la c.m.s. come la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma (Cass. 870/06; Cass. 11772/02). Recentemente la S.C. ha confermato che l'art. 2-bis del D.L. n. 185/2008 - introdotto dalla Legge di conversione n. 2/2009 - disciplinando la materia delle commissioni di massimo scoperto, "pure omettendo ogni definizione più puntuale delle stesse, ha effettuato una ricognizione dell'esistente con l'effetto sostanziale di sancire definitivamente la legittimità di siffatto onere e, per tale via, di sottrarla alle censure di legittimità sotto il profilo della mancanza di causa" (Cass., n. 12965/2016).
Riguardo alla dedotta violazione del disposto di cui all' art. 1346 c.c. - in quanto la clausola che prevede l'applicazione della commissione di massimo scoperto sarebbe invalida essendo il suo oggetto indeterminato o indeterminabile - la giurisprudenza di legittimità valuta con particolare rigore tale requisito, anche in considerazione del fatto che il termine in questione non è univocamente riconducibile ad una univoca fattispecie giuridica. Pertanto, benché non si ritenga necessaria una sua definizione contrattuale, si richiede, per lo meno, la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare la commissione di massimo scoperto, ovvero la percentuale, la base di calcolo, i criteri e la periodicità dell'addebito, in quanto, in assenza di tali elementi, non è ravvisabile un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il correntista abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell'effettivo contenuto giuridico ed economico della clausola. In tali casi l'addebito delle commissioni si traduce in un'imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale e ciò in violazione del disposto di cui all'articolo 1346 c.c., atteso che una clausola, per la sua validità, richiede che l'oggetto sia determinato o determinabile (cfr., Trib Pistoia, 07/11/2018; Trib. Agrigento, 20.02.2016; Trib. Napoli, 10.12.2014; Trib. Verbania, n. 257/2013). Nella fattispecie, la commissione di massimo scoperto risulta legittimamente pattuita ed applicat a al rapporto di conto corrente affidato, in quanto le parti hanno concordato sia l'applicazione della stessa sia il suo specifico ammontare. Difatti, le relative clausole che la prevedono, indicano, in assolvimento degli obblighi di determinatezza innanzi evidenziati, le percentuali applicate al conto, sia in caso di addebiti intrafido, che di scoperti extrafido, nonché la base di calcolo, ovvero il massimo scoperto del periodo, e infine la periodicità dell'addebito trimestrale. Periodicità trimestrale che si ricava agevolmente dal fatto che, mentre per i tassi di interessi effettivi si fa espressamente riferimento all'anno, subito dopo la previsione delle percentuali delle commissioni si prevede la capitalizzazione trimestrale, il che sta a significare che era prevista una chiusura infra annuale del conto e che ad ogni chiusura trimestrale non solo venivano capitalizzati gli interessi, ma anche liquidate e applicate le commissioni maturate".
Testo integrale sentenza(42 K)