Tribunale di Torino del 20 Giugno2014
Conto corrente – prescrizione – onere della prova del fido in capo al correntista – Cassazione 4518/2014 - Anatocismo – Delibera CICR 9/02/00 – necessità di sottoscrizione della clausola anatocistica – illegittimità CICR a normare rapporti preesistenti– c/c anticipi – no anatocismo
Perconti correnti non affidati deve affermarsi, secondo il condiviso indirizzo di Cass. S.U. 2/12/10 n. 24418, che le rimesse su conto passivo hanno natura di pagamento e che la prescrizione dell’azione restitutoria dei versamenti fatti a estinzione di competenze indebitamente annotate decorre dalla data delle singole rimesse.
Ricade sull’attore l’onere di provare l’esistenza dell’eventuale fido, non potendo egli ricorrere al principio di prossimità della prova per ribaltare tale onere sulla Banca. Sul punto, la Cassazione n. 4518/14 si è limitata ad affermare che in presenza di fido (non contestato dalle parti) le rimesse devono essere ritenute ripristinatorie a meno di prova contraria fornita dall’intermediario, senza entrare nel merito dell’onere della prova del fido stesso qualora essa fosse contestata.
In tema di anatocismo, l’introduzione della pari periodicità di capitalizzazione consentita dalla Delibera CICR 9/02/00 per i rapporti già in essere determina un peggioramento delle condizioni preesistenti e pertanto necessità di espressa sottoscrizione da parte del correntista, in mancanza della quale è inefficace.
Per quanto concerne i conti anticipi, i relativi interessi maturati sulle anticipazioni e annotati sul conto ordinario devono essere considerati pagati con l’addebito in conto e pertanto non conservano la propria natura di interessi diventando capitale a tutti gli effetti: gli interessi computati su di essi non violano pertanto il divieto di anatocismo ex art. 283 c.c.
Deduce l’attore che l’onere di provare l’inesistenza del fido dovrebbe intendersi a carico della banca, secondo il criterio di vicinanza alla prova, ma la tesi non può essere condivisa.
Onerare la banca della prova di un fatto negativo, oltre che contraddire il classico negativa non sunt probanda, equivarrebbe a dire, contro ogni logica, che tutti i conti correnti sono affidati salvo quelli di cui si provi il contrario.
Né ha rilevanza il recente precedente di legittimità (Cass. 26.02.2014 n. 4518 in motivazione), secondo cui i versamenti eseguiti su conto corrente, in corso di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens. Tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto. Una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste relative agli interessi passivi anatocistici. In quel caso, infatti, era indiscusso tra le parti che il c/c era assistito da un’apertura di credito e quindi la Cassazione non s’è dovuta pronunciare sull’onere di provare l’esistenza del fido.
Dall’accensione del conto fino al 30.06.2000 è certa la non spettanza della capitalizzazione trimestrale degli interessi a favore della banca, stante il divieto posto dall’art. 1283 c.c. come interpretato dall’ormai stabile giurisprudenza (da ultimo Cass. S.U. 2.12.2000 n. 24418).
Maggiori dubbi possono insorgere con riguardo al tratto successivo.
Al riguardo, l’art. 7 della delibera CICR 9.2.2000 ha previsto in via transitoria, per i contratti anteriori tuttora pendenti, che qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30/6/00, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella G.U. della Repubblica Italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e, comunque, entro il 30.12.00.
Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela.
Rispetto a un rapporto bancario in cui al cliente non possono essere addebitati interessi su interessi, l’introduzione del meccanismo di capitalizzazione, sia pure su base di pari periodicità, ma con (ovvia, peraltro legittima) disparità nei tassi creditori e debitori, rappresenta un intuitivo peggioramento delle condizioni contrattuali ed esige quindi la specifica approvazione per iscritto – mediante sottoscrizione ad hoc ex art. 1341 c.c. – come previsto in via generale dall’art. 6 delibera CICR 9.2.2000 per i nuovi contratti (cfr. ad es. Trib. Mantova 12.7.2008 e Trib. Mondovì 17.2.2009 entrambi sul sito web Il caso).
Com’è noto il terzo comma dell’art. 25 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost. 17.10.2000 n. 425) ed è con ciò caduto anche il fondamento di legittimità della normativa transitoria secondaria e, per quanto interessa in questa sede, la possibilità di qualificare la capitalizzazione trimestrale con pari periodicità come modifica non peggiorativa.
Proprio la circostanza che gli interessi maturati sulle autonome operazioni di anticipo siano stati pagati, confluendo e concorrendo a formare il complessivo saldo debitore del c/c, alla stregua di ogni altra operazione in dare, escluse che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell’applicazione del divieto ex art. 1283 c.c..
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