Tribunale di Torino del 11 Marzo2015
Conto corrente – prescrizione – domanda mediazione è validoatto interruttivo dei termini prescrizionali – prova indiretta dell’esistenza del fido – evidenze degli e/c – fido di fatto – mancata segnalazione a sofferenza – onere di provare l’importo del fido in capo alla banca – Cass. 4518/14 – usi piazza – ius variandi – clausola deve prevedere possibilità di recesso pena nullità – Delibera CICR 9/02/00 – necessità sottoscrizione perché variazione peggiorativa – illegittimità CICR a normare rapporti preesistenti
In tema di prescrizione, la domanda di mediazione è da considerarsi valido atto interruttivo dei termini prescrizionali: sono da considerarsi quindi prescritte le competenze indebitamente annotate e pagate, tramite rimesse solutorie, più di dieci anni prima della presentazione della domanda.
Ai fini dell’individuazione delle rimesse solutorie (intervenute extrafido) è necessario individuare il fido. La prova del fido può essere fornita non soltanto tramite il documento costitutivo (contratto), ma anche per il tramite di prove indirette che implicano, in modo univoco, riconoscimento da parte della banca dell’avvenuta concessione del fido. A tal fine costituiscono indizi utili a provare esistenza e entità del fido:
1. le evidenze degli estratti conto (tassi differenziati per scaglioni, etc.);
2. la stabilità dell’esposizione debitoria, che ne evidenzia il carattere non occasionale (seppur non formalizzato o “di fatto”);
3. la mancata segnalazione negli anni in Centrale Rischi per sconfino o sofferenza.
L’onere di provare l’entità (limite) del fido ricade sulla banca: in assenza di ciò, se è provata l’esistenza del fido, si può assumere come suo importo l’importo massimo concesso tempo per tempo dalla banca (fido di fatto, cfr. Corte Appello Torino 902/13). Tale orientamento è coerente con la pronuncia della Cassazione 4518/14 secondo cui le rimesse in conto hanno normalmente natura ripristinatoria.
Il riferimento agli “usi piazza” è nullo per indeterminatezza dell’oggetto ed in ogni caso inoperante a partire dall’entrata in vigore della l. 154/92 (poi TUB, D.Lgs. 385/93).
La clausola dello ius variandi che non preveda diritto di recesso per il correntista è nulla per violazione dell’art. 1341 c.c., I comma e, dopo l’entrata in vigore della l. 154/92 (poi TUB, D.Lgs. 385/93) è inefficace per incompatibilità con le prescrizioni normative ivi previste.
L’introduzione della pari periodicità di capitalizzazione richiesta dalla Delibera CICR 9/02/00 configura un peggioramento delle condizioni economiche e pertanto per essere considerata legittima deve essere espressamente sottoscritta dalle parti per iscritto. In assenza si sottoscrizione, permane il divieto di anatocismo e quindi la necessità di ricalcolare il conto corrente in regime di capitalizzazione semplice fino alla data di una valida pattuizione scritta del nuovo regime.
Lo scrivente ritiene, d’accordo col CTU che il primo atto interruttivo idoneo (ex art. 5 d. lgs. 28/2010) sia la domanda di mediazione depositata presso l’organismo di conciliazione di Brescia.
L’esistenza di affidamenti in conto corrente è incontestabile a partire dal 1997. Si leggono infatti nel riepilogo delle variazioni delle condizioni economiche negli estratti del c/c n.1623 le seguenti annotazioni: pare superfluo osservare che i tassi per apertura di credito (APC), nelle varie specie previste, trovano puntuale riscontro e applicazione nei riassunti scalari; non è possibile interpretare tali dati, se non nel senso, trasparente e perfino ovvio, che tra il 1997 e il 2000 il conto era assistito da aperture di credito.
A partire dal primo e/c disponibile (31.3.1990), nel riepilogo delle condizioni economiche applicate al rapporto, risulta l’indicazione di due tassi distinti, ancorché percentualmente identici, uno denominato per scoperto nei limiti di fido, l’altro oltre i limiti o in assenza di fido.
L’eguaglianza dei tassi non è decisiva per escludere l’esistenza di un fido, visto che rientra nell’autonomia negoziale delle parti regolare l’extra fido a condizioni non deteriori rispetto al fido (o viceversa).
Altro consistente indizio dell’esistenza di affidamenti e c/c è rappresentato dalla stabilità, non occasionalità dell’esposizione a debito del c/c e dell’entità del passivo: criteri questi entrambi utili a discernere l’affidamento, sia pure di fatto o non formalizzato per iscritto, dalla mera tolleranza che, come la banca ricorda si verifica quando “la Banca si limiti a consentire che il correntista sconfini senza chiedere l’immediato rientro, ma senza, al tempo stesso, impegnarsi con il cliente (neppure tacitamente) a garantire il mantenimento della disponibilità.
Neppure consta che la banca abbia mai, in nove anni di (pretesa) scopertura senza affidamento intimato a... il rientro o rifiutato l’esecuzione di ordini su saldo debitore, diffidato l’attrice dal fare ulteriori atti dispositivi sul c/c a debito (ad es. trarre assegni bancari) o infine segnalato la posizione per sconfino o a sofferenza a Centrale Rischi.
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