Tribunale di Torino n. 7212 del 13 Novembre2014
Conto corrente – azione ripetizione – azione nullità – azione accertamento negativo – prescrizione – validità eccezione prescrizione che individui oggetto e dies a quo – conto anticipi – non si applica principio Cass. 24418/10 a conto anticipi o fidi SBF – art. 1284 cc – contratto sottoscritto dalla banca – Cass. 4564/12 – CMS – indeterminatezza se non indicata in contratto la base di calcolo – usura – inclusione CMS nel TEG art. 644 c.p. III comma – usura concreta o soggettiva – onere prova delle condizioni per l’usura concreta in capo al correntista.
Presupposto dell’azione di ripetizione è l’esistenza di almeno un pagamento (rimessa solutoria). Se l’attore non individua nessun pagamento (ad esempio perché il conto è ancora aperto) può comunque sempre proporre azione di nullità con riferimento alle clausole contrattuali e conseguente azione di accertamento negativo del saldo. Se, come nel caso specifico, ha esperito sia l’azione di ripetizione sia l’azione di nullità alla base di essa, senza individuare alcun pagamento e in costanza di rapporto, il giudice può e deve accogliere solo la seconda.
L’eccezione di prescrizione che individui l’oggetto (ogni singola rimessa) e il dies a quo (il termine prescrizionale) è determinata nell’oggetto e pertanto valida.
Per le linee di fido per anticipi o s.b.f. il termine di prescrizione decorre sempre dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c, senza che possa avere a tale fine rilevanza la data di chiusura del conto. Il castelletto di sconto non è infatti assimilabile ad un’apertura di credito: solo per quest’ultima vale la distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie (se entro fido) operata dalla Cass. 244418/10.
In assenza di contratto iniziale e fino alla data di un documento contrattuale successivo, gli interessi devono essere conteggiati al tasso legale, ex art. 1284 c.c.
Non è richiesta, per i contratti che richiedono la forma scritta ad substantiam, la contemporaneità di sottoscrizione del documento. E’ quindi valido il contratto prodotto in giudizio dalla banca che riporti la sola sottoscrizione del correntista. Al riguardo, la Cassazione (n. 4564 del 22/03/12) ha stabilito che l’intento di concludere il contratto da parte della banca è provato anche dalla sola trasmissione degli e/c al correntista.
Per la CMS, una pattuizione che specifichi l’aliquota ma non la base di calcolo, è da ritenersi indeterminata e pertanto implica la nullità della clausola.
Per la verifica dell’usura, le CMS – ai sensi dell’art. 644 c.p. – devono essere incluse nel calcolo del TEG non solo dal 2010 (come indicato dalle Istruzioni della Banca d’Italia) ma anche per il periodo precedente. A tal fine non c’è motivo per non adottare la formula della Banca d’Italia, includendo le CMS tra gli oneri (in quanto addebito non legato al tempo)
Per l’accertamento dell’usura soggettiva o concreta (art. 644 c.p., III comma), consistente nella pretesa di interessi, inferiori al tasso soglia, ma comunque usurari è necessario allegare le prove della sproporzione tra condizioni applicate e condizioni praticate per operazioni similari, nonché le prove della situazione di difficoltà economica o finanziaria del correntista e della conoscenza della stessa da parte della banca.
La banca contesta al cliente di aver agito, prima della chiusura dl c/c; in ripetizione di indebito senza individuare i pagamenti fatti e ne deduce l’inammissibilità della domanda.
L’eccezione è infondata.
Il cliente non può agire in ripetizione di indebito, se non individua e prova almeno una rimessa solutoria, ossia un pagamento. Ciò non impedisce affatto al cliente di proporre, in funzione o anche in via alternativa o cumulativa all’azione ex art. 2033 c.c., un’azione di nullità (amplius di accertamento negativo) intesa a ottenere: a) la dichiarazione di nullità delle clausole contrattuali (che prevedano, a titolo di es., diversa periodicità di chiusura al fine di liquidare le competenze, l’applicazione di interessi eccedenti il tasso soglia ecc.); b) l’accertamento della nullità degli addebiti (a titolo di interesse commissione spesa) eseguiti dalla banca in base a clausola nulla o comunque in difetto di una conforme previsione contrattuale; c) il conseguente storno dell’annotazione indebita, con ricalcolo del rapporto di dare-avere.
Questa azione può essere normalmente proposta quando il c/c è ancora aperto, senza che a ciò ostino le pur esatte considerazioni di Cass. n. 798/2013 che riguardano la sola azione di ripetizione dell’indebito.
A ciò segue, evidentemente, che la domanda di nullità può essere sempre proposta, anche in costanza di rapporto e senza onere di indicare e provare pagamenti fatti, visto che l’onere probatorio è semmai a carico della banca (in tal senso le stesse Sezioni Unite n. 24418/2010).
Nella specie, parte attrice, pur dichiarando di agire in ripetizione di indebito (o per la condanna della banca a restituire), ha chiesto espressamente – come in specie è (vedi le conclusioni in epigrafe) – l’accertamento della nullità delle clausole e delle somme indebitamente annotate e il relativo storno e tanto basta a ritenere ammissibile e decidere nel merito la domanda di nullità, non ostandovi la mancata indicazione di pagamenti.
La banca ha eccepito la prescrizione decennale.
L’attore obietta che l’eccezione di prescrizione, per essere completa e non indeterminata, “deve prospettare le specifiche rimesse delle quali si eccepisce la prescrizione, non essendo sufficiente il riferimento a tutti i versamenti eseguiti. La difesa è infondata. Come ha replicato in modo pertinente la banca (note di replica pag. 2) la banca ha chiesto dichiararsi la prescrizione di tutte le rimesse annotate sul c/c anteriormente al decennio: con ciò essa, ha adeguatamente individuato sia l’oggetto dell’eccezione (ogni singola rimessa annotata), sia il dies a quo di decorrenza, consistente nella data di esecuzione. Lo scrivente conviene che un’eccezione così formulata è determinata nell’oggetto.
Dato qualificante dell’apertura di credito in c/c è la possibilità di utilizzare la somma messa a disposizione in uno o più atti e di eseguire versamenti a ripristino della disponibilità, senza che la banca abbia il potere di esigere il pagamento, fino a scadenza del fido (o a revoca).
Non è dato riscontrare queste caratteristiche, per contro, nel credito bancario a breve termine: nelle forme consuete di sconto, anticipo su fatture o SBF.
È quindi coerente con i principi di Cass. sez. un. 24418/2010 che, se il cliente intende dolersi di addebiti nulli (per interessi ecc.) pertinenti a un’operazione di anticipo, il termine di prescrizione decorra dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c, senza che possa avere a tale fine rilevanza la data di chiusura del conto.
Il quadro non cambia, se la banca conceda una linea di credito per anticipazione su fatture, fissando il c.d. castelletto di sconto. Il montante del fido non rappresenta infatti la somma di cui il cliente ha facoltà di disporre fino a revoca (o a termine), ma semplicemente il limite entro cui la banca si impegna a scontare gli effetti e ricevute bancarie.
Ne segue che la misura del castelletto di sconto non può concorrere a determinare il fido rilevante ai fini della quantificazione delle rimesse in c/c come solutorie oppure ripristinatorie, né può rinviare il dies a quo di decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie fino alla chiusura del c/c.
In mancanza di prova di un’apertura di credito, le rimesse su c/c devono qualificarsi come pagamenti e determinano estinzione degli eventuali addebiti illegittimi e in particolare degli interessi ultralegali e anatocistici (vedi infra).
Manca un contratto scritto per l’intervallo di tempo compreso tra l’accensione del c/c, risalente l 2000 (C.T.U.. pag. 11), e la richiesta dell’attore di aderire alle condizioni “business soluzioni 400” in data 18.2.2002 (doc.10 banca). Pertanto, la banca non può pretendere per questo tratto di tempo interessi superiori al tasso legale (art. 1284 c.c.).
L’attrice hanno dedotto la nullità del contratto 18.2.2002 perché non sottoscritto dalla banca, in violazione dell’onere di forma ascritta ad substantiam previsto dall’art. 117 T.U. bancario, ma la deduzione è anzitutto tardiva e in ogni caso infondata. Infatti, nei contratti per cui è prevista la forma scritta ad substantiam non è necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti. Pertanto sia la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta, sia qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte e dalla quale emerga l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante, purché la parte che ha sottoscritto non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero non sia deceduta
Peraltro, Cass.22.3.2012 n. 4564, decidendo un caso in termini al presente, ha da ultimo concluso che l’intento della banca di concludere il contratto, da essa non sottoscritto, “risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenzia la volontà di avvalersi del contratto (bastano a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguente perfezionamento dello stesso.
“sui contratti è indicata la misura percentuale, ma non la base di calcolo” (CTU pag.14) e pertanto la commissione risulta indeterminata e indeterminabile nelle modalità applicative, così da risultare affetta da nullità ai sensi dell’art. 1346 c.c. (impregiudicata ogni altra questione).
Nonostante il contrario avviso della banca, la c.m.s. deve essere compresa nel calcolo del TEG. Ciò non soltanto dall’1.1.2010 (prima rilevazione fatta in base alle Istruzioni di Banca d’Italia dell’agosto 2009), ma anche per tratto interiore, come commissione manifestamente collegata all’erogazione del credito e quindi rilevante per la determinazione del tasso usurario, secondo la definizione datane dall’art. 644 c.p. . Così, in tal senso Cass. pen. 19.2.2010 n. 12028.
Non sussistono validi motivi per discordarsi dal metodo di calcolo dei tassi (TEGM e TEG) previsto nelle Istruzioni della Banca d’Italia.
Le Istruzioni hanno sempre tenuto distinti gli “interessi”, proporzionali al saldo debitore per giorni, ossia all’utilizzato, e gli “oneri”, non direttamente proporzionali ai numeri debitori e da commisurare all’accordato.
Ora, la c.m.s., per come declinata nella prassi bancaria fino all’art. 2-bis legge n. 2/2009, che ne ha sancito la nullità “se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido”, è evidentemente una remunerazione collegata all’intensità di utilizzo del credito, indipendentemente dalla sua estensione nel tempo (diversamente dagli interessi) ed è pertanto coerente con tale sua funzione la distinta rilevazione nella categoria degli “oneri”.
Usura soggettiva: parte attrice si duole ancora dell’applicazione di usura c.d. soggettiva, consistente nella pretesa di interessi, inferiori al tasso soglia, ma comunque usurari perché, “avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e del tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria” (art. 644 co. 3 c.p.). La domanda è sfornita di concrete e specifiche allegazioni di fatto e tanto basta per respingerla.
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