sentenza

Tribunale di Udine del 29 Ottobre2013

Conto corrente –valute – prima della l. 154/92 valute contestabili solo entro 60 gg– dopo la l.154/92 valute contestabili se non pattuite – azione di ripetizione – no saldo zero – onere della prova in capo all’attore – non necessaria firma banca – rilevanza autonoma dei c/accessori – art. 1284 c.c. – usura – Validità Istruzioni Bankitalia – principio omogeneità – esclusione CMS dal TEG – nota 2.12.2005 (CMS soglia) – non capitalizzazione della CMS – Prescrizione – saldo ricalcolato per individuare rimesse solutorie

Per quanto concerne la contestazione dell’applicazione dei cd. “giorni valuta”, essa va rigettata per il periodo precedente l’entrata in vigore della l. 154/92 (9/07/92) perché si tratta di contestazione tardiva di poste contabili (andava effettuata al ricevimento dei singoli estratti conto), mentre per il periodo successivo all’entrata in vigore della l. 154/92 (poi TUB, D.Lgs. 385/93) la contestazione è valida se non è provata la specifica pattuizione scritta della clausola dei giorni valuta.

Se l’azione è promossa dal correntista (azione di ripetizione), ricade su di esso l’onere di provare gli illegittimi addebiti e pertanto la produzione integrale degli estratti conto: è inaccoglibile la domanda di azzerare il saldo debitore iniziale evidenziato nel primo estratto conto prodotto, in quanto ai sensi dell’art. 2697 c.c. l’onere di provarne la formazione ricade sul correntista attore e non sulla Banca convenuta.

E’ valido il contratto bancario che non riporti la firma della Banca ma solo quella del correntista: sono evidenze della volontà negoziale della Banca la semplice predisposizione del contratto da parte della Banca, la firma del correntista e la consegna del contratto al cliente. La forma scritta può essere integrata dalla semplice sottoscrizione di un contraente per accettazione delle dichiarazioni provenienti dall’altro (cfr. Cass. sent. n. 23966/04) e per altro la volontà di avvalersi del contratto si evidenzia dalle manifestazioni ricorrenti nel tempo, come l’invio degli estratti conto periodici (cfr. Cass. sent. n. 8564/12).

I conti accessori, se gravati da condizioni economiche diverse dall’ordinario, con diversi limiti di affidamento e diverse scadenze, oggetto di separate comunicazioni al cliente, devono essere considerati autonomi e non meri conti di evidenza.

L’assenza di prova della pattuizione dei tassi d’interesse (assenza del contratto) impone la sostituzione dei tassi convenzionali con i tassi legali ex art. 1284 c.c. per il periodo precedente l’entrata in vigore della l. 154/92 (9/07/92) e successivamente i tassi BOT ex l. 154/92 e poi ex TUB D.Lgs. 385/93.

Per la verifica dell’usura, deve tenersi conto del principio di omogeneità tra tassi soglia e TEG rilevati: è pertanto necessario applicare le Istruzioni della Banca d’Italia tempo per tempo vigenti, escludendo, nel caso di specie, le CMS fino a che i regolamenti dell’Istituto Centrale non l’hanno ricomprese nella verifica.

In particolare, la CMS non essendo legata al tempo non può essere assimilata agli interessi, e correttamente la Banca d’Italia l’ha esclusa dalla rilevazione dei tassi medi e quindi dalle soglie. L’impatto della CMS dovrà essere valutato esclusivamente secondo lo schema suggerito dalla Banca d’Italia con nota del 2/12/05.

La clausola di capitalizzazione trimestrale delle CMS è nulla: se infatti le CMS sono assimilabili agli interessi, esse sono nulle per assenza di causa secondo la recente giurisprudenza di legittimità, se invece sono un corrispettivo autonomo rispetto agli interessi, non è estensibile ad esse la disciplina dell’anatocismo ex art. 1283 c.c..

In campo prescrizionale, nel determinare la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse deve essere considerato se esse intervengono con saldo entro o extra fido. Il saldo da considerare è quello ricalcolato e non quello indicato negli estratti conto bancari: si devono prima accertare gli effetti delle clausole nulle (anatocismo, tassi ultralegali non pattuiti etc.) che sono imprescrittibili, e solo dopo appurare quali poste avessero natura solutoria e quali ripristinatoria.

 

L’eccezione di decadenza sollevata dalle parti convenute ai sensi dell’art. 1832 c.c. deve ritenersi fondata con riguardo ad aspetti che si traducono in mere contestazioni di fatto di specifiche poste contabili: pertanto sono sicuramente tardive tutte le contestazioni relative alla data in cui risultano registrate dalla banca le singole operazioni di addebito e di accredito e conseguentemente va rigettata la pretesa della correntista di rideterminare i giorni valuta.

Ciò vale ovviamente con riferimento esclusivamente al periodo anteriore al 9 luglio 1992 (data di entrata in vigore della legge 154/1992 che ha imposto la forma scritta per le clausole contenute nei contratti bancari).

Da quel momento in avanti, infatti, la pattuizione di spese o commissioni di tenuta conto, nonché gli accordi circa la determinazione della data di valuta potevano avere efficacia solo se convenuti per iscritto.

Onerato dalla prova è il debitore che agito in giudizio contro la banca per far accertare i corretti saldi del suo conto corrente e per chiedere la condanna della controparte alla restituzione dell’eventuale somma non dovuta.

In base all’art. 2697 c.c. è pertanto, a suo carico la prova di detti assunti.

La circostanza che la formalizzazione dei contratti avvenisse così come accade tuttora, mediante scambio di corrispondenza non contrasta con l’obbligo di forma scritta previsto dalla legge.

E’ infatti mediante lo scambio di documenti scritti di identico contenuto – l’uno firmato da una parte e consegnato all’altra – che viene ad essere formalizzato lo scambio dei consensi.

Quanto al documento sottoscritto dalla banca, l’eventuale assenza di sottoscrizione da parte del legale rappresentante dell’istituto di credito ovvero la sottoscrizione apposta da un semplice funzionario non vale ad inficiare la validità del documento.

Condivisibile l’orientamento della più recente giurisprudenza che non ritiene nemmeno necessaria la firma della banca laddove, come nel caso che qui ci occupa, risulti la predisposizione del contratto da parte della banca stessa, la firma del correntista e la consegna del contratto al cliente: ciò rende non necessaria l’ulteriore approvazione del proponente dal momento che la volontà negoziale è già espressa nel documento da lui predisposto.

La Cassazione infatti ha spiegato che: “anche quindi a voler intendere che non risulti una copia firmata del contratto da parte della banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenzia la volontà di avvalersi del contratto (bastano tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguente perfezionamento dello stesso” (cfr. Cass. Sent. N.8564/2012).

Detti conti hanno nella fattispecie in esame natura autonoma poiché le varie forme tecniche di utilizzo del credito bancario sono accessibili a condizioni diverse ... sono gravate da oneri finanziari e commissioni distinte, sono regolate da diversi limiti di affidamento e diversa scadenza, sono oggetto di separate comunicazioni al cliente.

Ai sensi dell’art. 1284 c.c., che costituisce norma imperativa, gli interessi superiori a quelli legali vanno convenuti in forma scritta, forma richiesta ad substantiam.

La difesa attorea ha, poi, lamentato che la banca convenuta avesse applicato interessi superiori ai tassi soglia consentiti dalla legge.

Ai fini dell’accertamento in esame, giova all’evidenza un rilievo essenziale la modalità di calcolo del TEG.

Reputa questo giudice che, a tal proposito, non può non aversi riguardo alle Istruzioni della Banca d’Italia stabilite per la rilevazione dei tassi medi ai fini dell’applicazione della legge sull’usura.

Tutti i D.M. di rilevazione dei TAEG emessi trimestralmente ai sensi dell’art. 2 della L. 108/1996 stabiliscono che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del limite di cui all’art. 2 comma4 L. n. 108/1996, si devono attenere ai criteri di calcolo delle Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura emanate dalla Banca d’Italia e dall’UIC.

Il raffronto tra le singole concrete operazioni ed il Teg può avvenire solo tra dati (cioè tassi) omogenei.

La CMS non viene dunque, considerata né un interesse, né un accessorio dell’interesse, in quanto l’interesse compensativo è il corrispettivo del godimento del denaro altrui e, dunque, non può che far riferimento, giorno per giorno, al capitale effettivamente prestato dalla banca al cliente.

Conseguentemente – non costituendo detta voce un interesse in senso proprio, trovando titolo in una diversa causa ed essendo sottoposta ad una metodologia di calcolo diversa da quella applicata per gli interessi, data la diversa funzione e natura – la Banca d’Italia ha ritenuto di non far rientrare tale voce ne calcolo del TEG.

Con propria nota n. 1166966 del 2.12.2005, la Banca d’Italia ha infatti evidenziato che l’usurarietà del rapporto va desunta dalla valutazione complessiva delle condizioni applicate, sicché scostamenti dalla percentuale media potrebbero avere rilevanza penale.

In particolare, l’impatto della CMS dovrà essere valutato secondo lo schema operativo contenuto nella suddetta nota.

La corte di Cassazione ha inoltre, statuito che, a prescindere dalla natura della CMS , su tale voce non sia comunque, dovuta la capitalizzazione trimestrale: infatti se la natura della CMS è assimilabile a quella degli interessi passivi le clausole anatocistiche pattuite nel regime anteriore all’entrata in vigore della L.154/1992, sono nulle secondo la più recente giurisprudenza di legittimità...; se invece è un corrispettivo autonomo dagli interessi, non è ad esso estensibile la disciplina dell’anatocismo prevista dall’art. 1283 c.c. espressamente per gli interessi scaduti.

Il CTU nel quantificare l’ammontare delle rimesse solutorie ha formulato due distinte ipotesi.

La prima considera i saldi calcolati come risultanti dai conteggi effettuati per eliminare l’effetto anatocistico.

La seconda considera, invece, i saldi così come risultavano negli estratti conto inviati dalla banca.

Reputa questo Giudice che, l’ipotesi più corretta alla quale si deve fare riferimento è la prima, la quale, nel valutare se i pagamenti effettuati dal correntista avessero o meno efficacia solutoria, tiene conto del debito del correntista stesso verso la Banca così come correttamente rideterminato.

Infatti mentre l’azione restitutoria è soggetta a termine prescrizionale, altrettanto non vale per le azioni dirette all’accertamento della nullità della clausole anatocistiche: si deve, quindi, prima accertare quali clausole fossero nulle e quali effetti derivino da tale nullità e, poi, sulla base di tale accertamento appurare quali poste avessero natura solutoria e quali natura ripristinatorie ed applicare solo alle prime il termine prescrizionale che preclude la domanda di restituzione.

Giudice Ilaria Chiarelli

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